Recensire O Non Recensire? Questo è il problema!

Tempo fa mi domandavo se avesse ancora senso recensire i dischi. Permettetemi di chiamarli ancora così, ormai veleggio verso l'età in cui in un discorso devo per forza aggiungere un ai miei tempi oppure un quando ero giovane e incomincio a fare fatica a staccarmi dalle vecchie abitudini anche linguistiche.
Ogni mese compravo un discreto numero di riviste musicali che trattavano un po' tutti i generi, dal pop al metal più estremo. Essendo musicalmente onnivoro, era una piacevole fatica spulciare centinaia di pagine alla ricerca del disco che potesse solleticare il mio forte appetito.
Con l'arrivo di Internet, iniziarono a fiorire i siti web specializzati in musica che costituivano una valida appendice utile ad approfondire ciò che si leggeva sulle riviste. I giornali musicali non hanno particolarmente accusato il colpo e hanno tenuto botta per molto tempo. Fino al web 2.0. Perché poi le cose sono radicalmente cambiate. Webzines, siti e blogs sono spuntati come funghi e anche trovare la recensione del disco del gruppo più sfigato dell'universo era questione di pochi minuti; perché è sicuro che nel mondo ci sarà qualcuno che ascolterà anche il più oscuro e sconosciuto disco, lo recensirà e condividerà il suo pensiero sul web. Cosa che non sempre succede sul cartaceo, per ovvi motivi. Avere a disposizione molti pareri è utile a farsi un'idea precisa. Se cento bloggers dicono che il nuovo Sgurugnau è indigesto alle capre, mentre solo un blogger si straccia le vesti e i capelli gridando allo scandalo e al complotto inveendo contro l'umanità incapace di capire il capolavoro partorito, molto probabilmente un'idea limpida te la fai e il disco degli Sgurugnau lo lasci a chi, per indole o masochismo, tende a dar retta agli sparuti profeti del questoèuncapolavoroevoinoncapiteuncazzodimusica.

All'inizio Internet 2.0 aiutava a scremare la fuffa dalle cose buone e quindi per qualche anno è stata un buon alleato delle recensioni cartacee. Ma da sodale a rivale il passo è stato breve: il peer to peer prima e il download (il)legale poi, hanno rivoluzionato tutto il sistema. Se nei primi tempi si poteva avere il disco a portata d'orecchie in pochi minuti, ora non si deve neppure attendere il download perché grazie alle connessioni veloci, lo streaming è cosa da (quasi) tutti. In primis qualcuno ha storto il naso mentre ora molti gruppi e case discografiche si sono adeguati, mettendo le loro fatiche a disposizione dell'ascolto online.
A questo punto è probabile che il nuovo Sgurugnau si possa trovare su Bandcamp, Spotify, Youtube o sulla radio underground che il mio vicino di casa ha messo in piedi. E non devo neppure perdere tempo a leggere cosa ne pensano i cento blogger più uno per farmi un'idea.
Le orecchie sono diventate i nostri critici musicali.

Il download non autorizzato continua a rimanere illegale, non fa una piega. Era comunque un alleato per chi ancora compra la musica, poiché si trattava di un ottimo espediente per risparmiare denaro. Non è una bella sensazione spendere non pochi euro per un disco che poi si rivela una ciofeca e finisce a prendere polvere nello scaffale. Quindi ascoltare prima di comprare è sempre una cosa buona e giusta. C’è chi può permetterselo tramite il negozio di dischi di fiducia (se ancora non ha chiuso i battenti o è stato riconvertito a rivendita di accessori per emo o hipsters) ma c’è anche chi non ha un negozio a portata di mano e allora che fa? Scarica. Poi magari, forse, compra.
Con l'avvicendarsi della tendenza allo streaming sembra proprio che anche questa pratica stia per andare in pensione, come dimostrano le ultime uscite di gente come Interpol, Robert Plant e Ryan Adams che sono state messe in rete a ridosso della pubblicazione sui formati standard in maniera del tutto ufficiale.
Inoltre, è notizia di qualche giorno fa, sembra che per stilare le classifiche dei singoli verranno anche conteggiati gli accessi in streaming, oltre alle vendite. Lo streaming, quindi, sembra candidato diventare il media ufficiale del futuro prossimo.

Inutile negare che tutti questi cambiamenti del modo di usufruire la musica hanno complicato la vita delle riviste musicali, specialmente quelle cartacee che continuano a subire dei forti cali nel numero delle copie vendute. Personalmente sono passato dall'acquisto di anche sei riviste al mese a una. E non tutti i mesi. Compro solo quando c'è qualche servizio o approfondimento che m'interessa. Non leggo più recensioni nè su carta nè su web, perché posso ascoltare quasi tutto quello voglio.
E compro ancora i dischi che per me valgono, specialmente se in edizione limitata o vinile. In questo modo non sbaglio mai, perché so già quello che acquisto.

Tutto questo per chiedersi: ha ancora senso recensire un disco, oggi?

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