Memorabilia #44
Se il mondo fosse un luogo giusto, l'heavy metal non sarebbe trattato alla stregua di un qualcosa di pressoché inutile e fastidioso, adatto solamente ai ragazzini che vogliono sentirsi dei ribelli. Perché dischi come Melissa dei Mercyful Fate avrebbero tutto il diritto di entrare nella cosiddetta storia ufficiale del rock tutto. E' anche vero che a noi, che non siamo più dei ragazzini e l'unica forma di ribellione che ci è rimasta è quella di non indossare la canottiera sotto la maglietta nei mesi più caldi (rischiando comunque il classico colpo d'aria, con relativo tracollo cervicale), non serve che Melissa sia annoverata negli elenchi dei criticoni, tronfi e spocchiosi. Questo disco è storia. Punto e basta.
Post pubblicato venerdì 16 marzo 2007, alle ore 15:20.
Mercyful Fate
Melissa
Partiamo dalla copertina ? Ma sì, dai ! Una delle rare copertine horror in ambito heavy metal che non risulti pacchiana o involontariamente ironica (una delle poche altre che mi torna in mente è quella di Some Enchanted Evening dei Blue Oyster Cult), che su vinile è una gioia per gli occhi, mentre il quadratino del cd non le rende per nulla giustizia.
Millenovecentoottantatré, sono gli anni della grande rivoluzione heavy metal: Iron Maiden, Judas Priest e Motorhead per citare i più famosi, hanno stravolto il mondo della musica dura aumentandone la pesantezza e soprattutto la velocità, portandola a livelli fino allora impensabili. Ma c’è chi trama nell’ombra e partorisce qualcosa di veramente inaudito per l’epoca. Gli oscuri cospiratori rispondono al nome di Venom e Mercyful Fate. I due gruppi sono sconvolgenti e non per la velocità, che nelle loro composizioni diventa quasi parossistica, ma per l’attitudine. Mai prima d’ora il satanismo era stato così esplicito. Siamo molto lontani da quello “finto” dei Black Sabbath o quello velato dei Black Widow, soprattutto per i Venom la cui morbosa violenza di suono e i testi palesemente blasfemi suscitano polemiche e forti preoccupazioni nell’opinione pubblica. Discorso leggermente diverso per quanto riguarda i danesi Mercyful Fate capitanati dal carismatico King Diamond. Pur essendo, quest’ultimo, satanista dichiarato, l’approccio del gruppo è più orrorifico che sacrilego, anche se ciò non gli risparmierà le solite accuse dei benpensanti. Con il tempo i Venom presero le distanze dal satanismo, dichiarando che all’epoca quello che contava era ribellarsi a tutto ciò che la società imponeva ai giovani, soprattutto in ambito religioso e perciò vomitare blasfemie contro il cristianesimo ed inneggiare a Satana era l’unico modo per far sentire la propria rabbia. E poi essere considerati il gruppo musicale più violento e cattivo del mondo aveva i suoi vantaggi: il successo.
La cattiva pubblicità è pur sempre pubblicità.
King Diamond, da parte sua, non ha mai abiurato la propria “fede” facendo notare che essa non traspare mai dai testi delle sue canzoni che sono nient’altro che storie horror.
Melissa, il primo disco dei Mercyful Fate non fa eccezione, anche se i testi hanno dei toni decisamente “forti” e Black Funeral ne è un chiaro esempio:
Parole che lasciano ben poco all’immaginazione, ma che possono essere lette da due prospettive contrapposte: rappresentazione di un credo o mero racconto orrorifico. Fate voi.
La musica di Melissa non è particolarmente veloce, ma è intarsiata da numerosi assoli frenetici mai fini a se stessi, è frustata da repentini cambi di tempo e smorzata da arpeggi melodici che paradossalmente non sono fuori luogo, ma accrescono il pathos ossianico dell’opera su cui si eleva la voce di King Diamond che si dimena tra il “cantato tradizionale” (se mi è permesso chiamarlo così) ed il caratteristico falsetto che a distanza di venticinque anni rimane il suo inconfondibile marchio di fabbrica. Si tratta di un Heavy Hetal canonico, carico di un oscuro fascino luciferino che molti, a mio parere erroneamente, considerano il progenitore del Black Metal. Le origini di questo filone vanno attribuite quasi interamente ai “cugini” Venom e non a caso l’etichetta Black Metal è stata prelevata direttamente dal titolo di un loro album. Melissa è un gran disco perché è ben suonato, perché ha segnato un’epoca e perché è diabolicamente malsano. E’ dotato di un fascino morboso che ad ogni ascolto si rinnova ed anche se sono trascorsi parecchi anni la polvere e le ragnatele non ne hanno intaccato il malefico incanto. A partire dalla copertina.
Post pubblicato venerdì 16 marzo 2007, alle ore 15:20.
Mercyful Fate
Melissa
Partiamo dalla copertina ? Ma sì, dai ! Una delle rare copertine horror in ambito heavy metal che non risulti pacchiana o involontariamente ironica (una delle poche altre che mi torna in mente è quella di Some Enchanted Evening dei Blue Oyster Cult), che su vinile è una gioia per gli occhi, mentre il quadratino del cd non le rende per nulla giustizia.
Millenovecentoottantatré, sono gli anni della grande rivoluzione heavy metal: Iron Maiden, Judas Priest e Motorhead per citare i più famosi, hanno stravolto il mondo della musica dura aumentandone la pesantezza e soprattutto la velocità, portandola a livelli fino allora impensabili. Ma c’è chi trama nell’ombra e partorisce qualcosa di veramente inaudito per l’epoca. Gli oscuri cospiratori rispondono al nome di Venom e Mercyful Fate. I due gruppi sono sconvolgenti e non per la velocità, che nelle loro composizioni diventa quasi parossistica, ma per l’attitudine. Mai prima d’ora il satanismo era stato così esplicito. Siamo molto lontani da quello “finto” dei Black Sabbath o quello velato dei Black Widow, soprattutto per i Venom la cui morbosa violenza di suono e i testi palesemente blasfemi suscitano polemiche e forti preoccupazioni nell’opinione pubblica. Discorso leggermente diverso per quanto riguarda i danesi Mercyful Fate capitanati dal carismatico King Diamond. Pur essendo, quest’ultimo, satanista dichiarato, l’approccio del gruppo è più orrorifico che sacrilego, anche se ciò non gli risparmierà le solite accuse dei benpensanti. Con il tempo i Venom presero le distanze dal satanismo, dichiarando che all’epoca quello che contava era ribellarsi a tutto ciò che la società imponeva ai giovani, soprattutto in ambito religioso e perciò vomitare blasfemie contro il cristianesimo ed inneggiare a Satana era l’unico modo per far sentire la propria rabbia. E poi essere considerati il gruppo musicale più violento e cattivo del mondo aveva i suoi vantaggi: il successo.
La cattiva pubblicità è pur sempre pubblicità.
King Diamond, da parte sua, non ha mai abiurato la propria “fede” facendo notare che essa non traspare mai dai testi delle sue canzoni che sono nient’altro che storie horror.
Melissa, il primo disco dei Mercyful Fate non fa eccezione, anche se i testi hanno dei toni decisamente “forti” e Black Funeral ne è un chiaro esempio:
Bring the black box to the altar
Now raise your hands and do the sing
Oh hail Satan, Yes hail Satan
Lay down your swords, the evil star
It's a black funeral
She was a victim of my Coven
Open the black box to the altar
Her blood is still hot, so let it out
Oh hail Satan, Yes hail Satan
Now drink it, drink, forget that whore
It's a black funeral
She was a victim of my Coven
Parole che lasciano ben poco all’immaginazione, ma che possono essere lette da due prospettive contrapposte: rappresentazione di un credo o mero racconto orrorifico. Fate voi.
La musica di Melissa non è particolarmente veloce, ma è intarsiata da numerosi assoli frenetici mai fini a se stessi, è frustata da repentini cambi di tempo e smorzata da arpeggi melodici che paradossalmente non sono fuori luogo, ma accrescono il pathos ossianico dell’opera su cui si eleva la voce di King Diamond che si dimena tra il “cantato tradizionale” (se mi è permesso chiamarlo così) ed il caratteristico falsetto che a distanza di venticinque anni rimane il suo inconfondibile marchio di fabbrica. Si tratta di un Heavy Hetal canonico, carico di un oscuro fascino luciferino che molti, a mio parere erroneamente, considerano il progenitore del Black Metal. Le origini di questo filone vanno attribuite quasi interamente ai “cugini” Venom e non a caso l’etichetta Black Metal è stata prelevata direttamente dal titolo di un loro album. Melissa è un gran disco perché è ben suonato, perché ha segnato un’epoca e perché è diabolicamente malsano. E’ dotato di un fascino morboso che ad ogni ascolto si rinnova ed anche se sono trascorsi parecchi anni la polvere e le ragnatele non ne hanno intaccato il malefico incanto. A partire dalla copertina.
Io annoto per futuro ascolto :P Ma ne ho da smaltire, seguendo i tuoi consigli! *__*
RispondiEliminaDai che è quasi finita! :-)
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