Splendido Splendente.

Avvertenza. Questo post può essere letto nelle seguenti modalità.
A) Un tentativo, riuscito più o meno bene, di ponderare sui tristi tempi in cui viviamo.
B) Un flusso di coscienza rabberciato in un cut-up estemporaneo.
C) Il blogger ha sbroccato di brutto.
D) Tutte e tre le opzioni.

A volte capitano delle cose.
Una serie di piccoli eventi, per fortuna non sfortunati, che mi entrano in testa in modo assolutamente casuale e asincrono. Cose che apparentemente non hanno nessun legame o interconnessione ma che il mio cervello riesce comunque a collegare con un filo sottile e quasi invisibile.
Non ho mai fatto mistero di essere attratto da alcune teorie del complotto, ma state tranquilli non sono diventato un complottista.
Quello che, non solo io, sto notando è un generale abbassamento, qualcuno dice imbarbarimento, del livello culturale del nostro paese.
Metto subito le mani avanti: non ho fatto le scuole alte e non sono laureato, quindi non posseggo scranni su cui elevarmi e puntare il dito. Quando mi sono reso conto che forse avrei dovuto dedicarmi agli studi classici ormai era tardi, la mia vita aveva preso una determinata direzione e non potevo più tornare indietro. Se all'epoca non ho dato molto peso alla cosa, col tempo il rodimento ha assunto proporzioni cosmiche. L'unico rimpianto che ho è proprio questo: non aver coltivato quando avrei potuto, la mia passione per le lettere.
Quindi anche se professionalmente il mio mondo è fatto di bytes, la mia indole vaga altrove.
E' per questo che, dopo aver letto il bellissimo Io, Agamennone di Giulio Guidorizzi, ho accolto con non poca curiosità l'uscita dell'opera prima di Sinatti.
Il fatto che abbia vinto il premio Italo Calvino, dedicato alle opere prime, poco c'entra. Non ho mai dato molta importanza ai premi letterari. Penso siano 90% strategie commerciali e politiche e 10% valore dell'opera. La Splendente mi ha subito ispirato fiducia per l'argomento che tratta. Perché mi piace l'epica. L'epica spacca. Di brutto.
Inoltre qualsiasi appassionato del fantastico non può non amare i miti, gli eroi e leggende. Da qualsiasi luogo essi provengano. Perché tutto o quasi, parte da lì.
Ho letteralmente divorato il romanzo in un paio di giorni: secondo me è bello ed è scritto molto bene. L'autore si permette qualche licenza che potrebbe far storcere il naso ai puristi classici, ma ci può stare. Mi fermo qui perché non posseggo le facoltà per recensirlo. Mi mancano le basi. Però ve lo consiglio.
Ma non è questo il punto. Il punto è la concatenazione di eventi.
Leggo due libri di epica, uno dietro l'altro.
Contemporaneamente sul web iniziano a comparire strane notizie. Gli industriali della mia provincia
si appellano ai giovani: abbiamo bisogno di operai specializzati, iscrivetevi alle scuole professionali e lasciate perdere i licei.
Alcuni dei principali Licei Classici italici, nelle schede di autovalutazione si dicono soddisfatti che le loro classi siano frequentate da ceti sociali della medio-alta borghesia e che non ci siano disabili o Rom. Come se non bastasse questo delirio, ecco spuntare sproloqui sulla troppa liceizzazione (?) della scuola da una parte e l'elogio delle scuole alte che dovrebbero essere frequentate esclusivamente da gente bene, dall'altra.
Non entro nel merito della polemica. Ho sempre pensato che insegnare e imparare siano due cose meravigliose, sia quando si tratta di greco antico che di arte bianca. E mi fermo qui.
Spero vivamente che i ragazzi che sentono queste idiozie si facciano una grande risata e pensino esclusivamente a raggiungere quello che desiderano, cercando di far diventare i loro desideri in una bella realtà.
Se riesci a fare quello che desideri, hai vinto.
Ma che cosa accomuna tutto questo?

Il sottile filo ignorante che lega tutto, è la subdola impressione che l'imbarbarimento culturale non sia del tutto fisiologico ma sia voluto.
La saturazione del mercato con immondizia non credo sia una cosa casuale. Almeno non del tutto.
Non sto dicendo che dobbiamo diventare tutti esegeti o esperti filologi e dedicarci anima e corpo alla letteratura alta, al cinema d'essai e all'opera. Ma non possiamo continuare a nutrirci esclusivamente di spazzatura. L'assunto che leggere qualsiasi cosa faccia bene è una delle affermazioni più sbagliate che io abbia sentito. Se leggi solo monnezza, non ti fa bene.

Come scritto in questo illuminante post sul sito di Vaporteppa: un buon libro dovrebbe educarci alla complessità e all’intelligenza anche quando parla di guerre nello spazio, di maghi o di cotte adolescenziali. Dov’è il divertimento della lettura se si viene trattati dall’autore come deficienti? 
Il fagocitare passivamente tutto quello che ci propongono perché è di moda, perché lo fanno tutti o perché altrimenti non sai di che parlare con gli amici e sui social, non fa bene a nessuno.
Continuiamo ad accettare sempre le solite minestre riscaldate, accantoniamo la curiosità e le difficoltà che s'incontrano quando si esplora qualcosa di nuovo solo perché ci costa fatica. Preferiamo la placida e lobotomica tranquillità dell'ennesima prova del rassicurante e inutile pseudo scrittore, al fascino della scoperta (cit. Alberto Angela).

Preferiamo scannarci sui social e spacciare per recensioni meri giudizi non circostanziati, senza costrutto e profondi come una pozzanghera dopo un temporale estivo. E questo quando va bene, perché il più delle volte ci si ferma al fantozziano cagata pazzesca, pronti per la standing ovation dell'amebica claque.
Fa comodo, questo. A chi spaccia letame per cultura e a chi serve una massa informe che blatera sulle cazzate, ignorando le questioni che sarebbero degne di essere discusse, perché non possiede più la facoltà di analisi e di valutazione. Stiamo disimparando a pensare. Stiamo poco alla volta sostituendo la mente con la pancia.
Fa comodo, questo. Non so se agli alieni, ai Rettiliani, agli Illuminati o più semplicemente a chi ha tutto l'interesse che la gente non rompa le balle. Un branco di cani affamati a cui viene gettato un osso che, di volta in volta, assume le fattezze del cattivo di turno. Non importa chi sia e non importa se magari non esiste. L'importante è che ce ne sia uno.
Dividi Et Impera.
Abbiamo le sinapsi bruciate. Non ci rendiamo conto che quello che oggi definiamo pensiero è soltanto un'eco, un riverbero di ciò che esso è stato in passato.Blateriamo spropositi sulla perdita della nostra cultura, le cosiddette sacre radici, perché una massa di poveri cristi che abbiamo contribuito a rendere tali, adesso viene a chiederci il conto. E lo facciamo stuprando la nostra lingua, incapaci di coniugare i verbi, non solo in modo corretto ma addirittura comprensibile. L'importante non è l'utilizzo corretto del congiuntivo ma la farcia di aberranti neologismi di matrice anglosassone.
D'altronde, l'importante è fare business. I soldi mica guardano la grammatica.

Non siamo più in grado di produrre una fiction decente. E non voglio pensare ai vecchi sceneggiati perché mi viene da piangere.
Il cinema? Ogni tanto qualche cosa di decente salta fuori ma è un sussurro in uno stadio gremito.
Letteratura? Quella di genere sopravvive sottoterra grazie ai coraggiosi che scrivono praticamente per beneficenza. Perché i romanzi ambientati a Milano, li schifiamo. Vuoi mettere con Nuova Yorke? Perché spendere tre euro per supportare un autore nostrano emergente? Meglio darne venti a quello americano che sforna best sellers a raffica e chissà quand'è stata l'ultima volta che ha scritto qualcosa di suo pugno. Anzi, no: scarico tutto illegalmente, perché preferisco investire il denaro in uno Spritz annacquato all'apericena in cui posso tranquillamente dire che Fabio Volo sta diventando il nuovo Moravia. (Giuro che questa è vera, l'ho letta con i miei occhi prima di cavarmeli.)
Testi scolastici spacciati per letteratura, scritti (?) da personaggi e non da scrittori.
Osanniamo l'odore della carta e poi usiamo whatsapp per parlare con il nostro vicino di scrivania.
Fumetti? Roba da ragazzini e non aggiungo altro.
La musica? Ma che ve lo dico a fare.
Però in una cosa siamo bravi. Nella nobile arte del Lamento non abbiamo eguali. Siamo bravissimi a lamentarci. Su tutto e di tutti, sempre e comunque. Pentole in costante ebollizione con il sì ma  sempre in agguato. Criticare sempre, agire mai.

Adesso ve la servo su un piatto d'argento, vediamo chi è il primo ad accusarmi di saccenteria.
Nell'antichità alcuni greci vituperavano l'uso dell'arco. Dicevano che è troppo facile nascondersi dietro ad una freccia scagliata da lontano. Non c'è nessun onore in questo. L'onore è nel corpo a corpo, nel gettarsi nella mischia. Oggi, nei social network, c'è poco onore.
Ma chi se ne frega dell'onore, l'importante è riuscire a sfogare le nostre frustrazioni, gettando escrementi a secchiate su quelli che almeno hanno le palle di mettersi in gioco. Anziché godere dei nostri successi lo facciamo sui fallimenti altrui. Mettiamo in vetrina simulacri di esistenza dando vita ad un vissuto irreale. Un vissuto che non è il nostro ma che è quello che vorremmo. E il pensare, in questo vissuto, non è contemplato anche perché ci fa comodo così. Come Cypher il traditore di Matrix che preferisce l'oblio alla realtà, preferiamo la rassicurante panacea indotta dal fagocitare passivamente quello che ci viene proposto. Condividiamo cazzate e notizie false in modo compulsivo senza riuscire a distinguere il falso dal vero. Anche perché nemmeno ci proviamo. Perché come detto in precedenza, a comandare è la pancia e non più il cervello. E la pancia ci fa accettare di lavorare sottopagati, in alcuni casi anche gratis, senza tutele e a ridosso del confine che ci separa dalla schiavitù. La pancia ci fa travasare di bile e correre a prendere i forconi davanti ai proclami populisti privi di qualsiasi fondamento.

Tutto ad un ritmo forsennato. Un flusso d'informazioni a velocità folle e costante al quale non si riesce a star dietro. Il tutto e il contrario di tutto viene elargito in pochi minuti, facendo aumentare esponenzialmente la nostra difficoltà di concentrazione. Non riusciamo a prestare attenzione a quello che leggiamo per più di qualche minuto e stiamo perdendo progressivamente le più elementari facoltà di scrittura e calcolo. Analfabetismo funzionale, lo chiamano. Un modo fico per dire che stiamo diventando una massa d'imbecilli.
Giova a qualcuno, tutto questo. E' molto più semplice manipolare una massa incosciente di una dotata di coscienza.
Bene, ma dopo questo fiume di parole (cit. Jalisse), qual è il nesso, il filo sottile che lega tutto ciò, con La Splendente?
Eccolo: ma chi se ne frega di Achille, Odisseo o di Epipola, noi vogliamo leggere storie di vita vera, magari con un bell'inseguimento e una sparatoria, perché (testuale) a chi vuoi che interessano quelle cose lì.
Leggendo perle simili, l'impressione che i Rettiliani stiano riuscendo nel loro intento non è del tutto campata per aria.

Commenti

  1. Delerio? Ma va! Verità, pura sacrosanta e terribile verità.
    N
    Mi raccontava un libraio che su 10 libri venduti (parlo di qualche anno fa) 9 erano di Moccia. Un altro autore italiano? Noooo! Non sono capaci a scrivere.
    Avanti di questo passo regrediremo all'età della pietra. Già.. ma vero chd allora i libti non esistevano ancora?

    Certo che questa ignoranza travestita da cultura fa comodo! Gli ignoranti mica pensano, mica si ribellano.

    Ps Odisseo.... il mio mito!

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    1. Non sono capaci a scrivere? O Signùr! Io non ho più parole. E quello che mi dà un po' fastidio è che se, per caso, obietti con qualcuno, fai ancora la figura del saccente, del bastian contrario, di quello a cui non va mai bene niente. Una volta mi hanno addirittura detto di smetterla di fare l'intellettualucolo. Intelluttuale, io? AH AH AH!
      Odisseo era un gran fico! ;-) Ti consiglio il libro che ho menzionato nel post, c'è un capitolo stupendo dedicato al suo ritorno a Itaca.

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    2. Sapessi cosa dicono a me quando sanno che mi sono un po' stufata di americani! Qundo sanno che al salone del libro vado a cercare le case editrici piccole, sconosciute...ma chi se ne frega! :)
      Segnato il titolo! Figurati se non lo segnavo :)
      Ciaooo

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    3. Il bello del salone del libro è proprio le piccole case editrici in cui puoi trovare delle vere perle. Infatti non trovo molto sensato andare allo stand Mondadori o Newton Compton che ha gli stessi titoli del supermercato... ;-)

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  2. Siamo già regrediti!
    Provate a vedere una qualsiasi trasmissione di Rai Storia di quelle in cui venivano fermate "le cosiddette persone della strada", provate poi ad ascoltare come parlava un qualsiasi italiano degli anni '50s o '60 s. Non importa se del Nord o del Sud, di quale sesso o estrazione sociale.
    Anche il contadino molisano o la levatrice friulana del più piccolo paesino sperduto tra le montagne parlava con una dignità e una proprietà di linguaggio quasi sconosciuto oggi.
    O perlomeno ci provavano.
    Ci provavano a parlare e ad imparare l'italiano, a progredire, a darsi un tono.
    Provate anche ad ascoltare un qualsiasi bambino.
    Confrontate come parlavano e come si comportavano allora e come si comportano oggi.
    Provate a considerare come fino a qualche annetto fa, nemmeno troppi, in Italia non si sarebbe mai nemmeno immaginata la presenza dei No Vax.
    Pensate a tutto questo e poi datevi, anzi diamoci una risposta.
    Solo che la risposta potrebbe non piacerci nemmeno un pò.

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    1. Bravo Nick, concordo in pieno. Ecco, non solo siamo regrediti (d'altronde nel 2018 c'è chi è tornato a credere che la terra sia piatta) ma abbiamo perso per strada la dignità. Nemmeno molto tempo fa, ero piccolo, quando in casa si parlava di persone che erano laureate si diceva che quel tipo "era uno studiato". E lo si diceva con rispetto. Si dava moltissima importanza allo studio, alla cultura e all'educazione. Forse proprio perché studiare non era alla portata di tutti, si cercava in qualche modo di sopperire in modo dignitoso. La cultura era importante. Ora sembra essere diventata un bene superfluo. Che poi, a pensarci bene, un paese come il nostro sulla cultura non dico che potrebbe campare ma quasi! L'abbiamo messa da parte e abbiamo accettato di buon grado l'imbarbarimento. La dignità, poi l'abbiamo buttata nel cesso da un bel po'. Basta seguire qualsiasi media per rendersi conto di quanto siamo caduti in basso.

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  3. Che in parte ci sia un disegno in questo imbarbarimento culturale ne sono profondamente convinto anch'io e lo si può osservare non solo nel mondo della letteratura ma ancora più facilmente in quello della televisione.Negli ultimi decenni abbiamo progressivamente assistito al proliferare di televisione prima urlata, poi trash e adesso fatta di ragionamenti preconfezionati, di sterili slogan o affermazioni di pancia che non comportano la necessità di un dialogo approfondito. Tv usa e getta, salvo rari casi, perché un vero dibattito articolato non è più cool ed annoia un pubblico sempre più ignorante nel comprendere, nello scrivere (errori grammaticali compresi) e nell'amare l'arte.

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    1. Concordo. La televisione, da questo punto di vista, è un buco nero. Specialmente i canali generalisti con dei palinsenti discarica che mettono i brividi. Si salva qualche canale tematico, mentre il dibattito, quando non è fatto di luoghi comuni, si è ridotto a mera esisbizione di muscoli. Una gara a chi urla più forte, dicendo nulla.

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