Glen Duncan: L'Ultimo Lupo Mannaro


Jacob Marlowe ha appena scoperto di essere l’ultimo della sua specie. È braccato dai suoi nemici e tormentato da un tragico passato. Logorato da due secoli di lussuria e di assassinii, a cui è spinto ogni mese dalla Maledizione che lo ha colpito, ha deciso di consegnarsi alle autorità alla prossima luna piena. Gli ultimi trenta giorni prima che tutto finisca. Ma proprio mentre Jacob sta contando le ore che lo separano dalla propria fine, un brutale omicidio e un incontro tanto incredibile quanto inaspettato lo catapultano di nuovo all’inseguimento disperato della vita.
L’ultimo lupo mannaro è qualcosa di unico e totalmente nuovo, un romanzo in cui azione, dolore, poesia, amore, sesso, humour, sangue e morte si tengono per mano in un miracoloso equilibrio. 


Da quando ho letto e apprezzato questo romanzo, nutro una flebile speranza: che l’horror (quello vero) riesca a fare breccia nel desolato panorama letterario e immaginario del nostro sempre più triste (e senza immaginazione) paese. Non che l’horror in Italia non esista. Tutt’altro. E’ vivo (forse sarebbe meglio dire non morto) e vegeto ma continua a lottare sotto terra, come un sepolto vivo che si spezza le unghie cercando di aprire il coperchio della bara. Una bara costruita con il provincialismo di sterili beghe settarie che coinvolgono autori, bloggers, case editrici e fans che continuano a inchiodarne il coperchio anziché liberarlo. Spero che la Isbn con l’Ultimo Lupo Mannaro riesca a mettere tutti d’accordo e ci si fermi a pensare che forse è possibile sdoganare anche qui da noi un prodotto di qualità, a prescindere dal genere cui appartiene.
Sì, va bene, tutto bello, Pacee e Amore. Ma questo romanzo?
L’Ultimo Lupo Mannaro si legge che è un piacere. Scivola via come dei pattini ben affilati su una lastra di ghiaccio appena levigata. Mena perfino qualche tosto colpo basso, sapientemente dosato. I personaggi sono ben caratterizzati (su tutti, il tormento interiore del protagonista). Anziché scolpirli con l’accetta (lavoro semplice cui aderisce la maggior parte degli autori) Duncan lavora di cesello, intagliando, levigando e sfumando. Riesce così a creare un vortice di chiaroscuri psicologici che circonda tutti i personaggi. Non ci sono eroi. Anche chi, alla fine, si rivela essere la chiave di volta è (cito) un emerito coglione. Sono tutte vittime dentro L’Ultimo Lupo Mannaro. Anche chi dovrebbe fare la parte dell’indomito cacciatore è succube delle proprie fissazioni e psicosi.  Jacob Marlowe è tutt’altro che un (anti)eroe romantico. Le sue parole sono così stanche e vuote che perfino al lettore vien voglia di aiutarlo a farla finita una volta per tutte. Non c’è nulla di romantico nella licantropia. C’è dolore, fame, sangue, merda, e morte. C’è puzza. Anche i vampiri, qui rappresentati come una decadente lobby aristocratica, sono ben lontani dallo stereotipo. Nulla di romantico anche in loro. Esseri annoiati che non trovano più stimoli perfino nel sesso. Vivere troppo a lungo è di una noia (im)mortale.
Tuttavia non ci troviamo di fronte a un romanzo perfetto. Duncan sembra soffrire a tratti di logorrea cronica che appesantisce e rende alcune parti ridondanti. Forse un piccolo lavoro di cesello avrebbe reso l’opera ancora più fluida. Nonostante sia d’origine britannica, lo stile di Duncan ha un taglio tipicamente americano che strizza l’occhio ai tòpoi dei film d’azione e anche lo humour sagace che ogni tanto fa capolino sembra esser più d’oltreoceano che d’oltremanica. Un po’ di Albione in più non avrebbe guastato.
Intanto, nell’attesa dei prossimi due capitoli che compongono la saga, immagino l'espressione schifata delle fan di Twilight che, incautamente accostatesi a L'ultimo lupo mannaro, si ritrovano a leggere di sesso anale, viscere e colonne vertebrali estirpate, con farcitura di linguaggio scurrile a (dis)piacere. Chissà, forse piacerà anche a loro.

http://www.lultimolupomannaro.com
http://www.facebook.com/#!/pages/Lultimo-lupo-mannaro/1…

Commenti

  1. Di Duncan avevo letto le prime pagine di 666-qualcosa, pubblicato dalla Newton, ma non mi era piaciuto il suo stile, che forzava troppo un'ironia che mi è sembrata subito e stanca e vecchia.

    Ma con questo Ultimo lupo mannaro magari ci do una seconda chance. :)

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  2. Qui l'ironia c'è ma non è preponderante, penso che Duncan abbia saputo dosare bene tutti gli ingredienti. Non siamo di fronte a un capolavoro è una lettura piacevole.

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