Servite e Riverite il Re Bong
Quando in Italia
cesseremo di fare i provinciali e prendere per oro colato qualsiasi cosa arrivi
dall'estero e proveremo ad assaporare e rivalutare le delizie che abbiamo in
casa, forse riusciremo anche ad essere un paese migliore. Siccome questo non
succederà mai, soprattutto in ambito musicale, difficilmente riusciremo in
questo nobile intento.
Succede, a volte,
che un gruppo bellamente ignorato in italica patria all'estero faccia proseliti
e ricavi nutrite soddisfazioni. Perché anche quando la critica ci arriva (e
ultimamente sembra che ci riesca) è proprio il pubblico a snobbare il prodotto
locale per dei surrogati che non sanno di niente ma che se arrivano dall'estero
(la perfida Albione in primis) allora tutti sono pronti a prostrarsi di fronte
all'ennesimo frutto (insapore) dell'hype costruito ad hoc.
Detto questo,
auguro a gruppi come i King Bong di ottenere tutto il successo che meritano e
anche di più.
Improvvisare è un’arte che va usata con cura e cautela perché se non si è in grado di maneggiarla si rischia di partorire immense boiate. Per fortuna i King Bong sanno con che cosa hanno a che fare e riescono a non perdere il controllo del libero flusso di note che sgorga come una colata lavica dai loro strumenti e lo doma non lasciandosi sopraffare. Soprattutto riesce a creare composizioni ben strutturate evitando di cadere nel tranello che la difficile arte dell’improvvisazione riserva ai novizi e agli imprudenti: il senso d’incompiuto. Quello che ti lascia l’amaro in bocca e non capisci, pur impegnandoti, dove la musica voglia andare a parare.
Improvvisare è un’arte che va usata con cura e cautela perché se non si è in grado di maneggiarla si rischia di partorire immense boiate. Per fortuna i King Bong sanno con che cosa hanno a che fare e riescono a non perdere il controllo del libero flusso di note che sgorga come una colata lavica dai loro strumenti e lo doma non lasciandosi sopraffare. Soprattutto riesce a creare composizioni ben strutturate evitando di cadere nel tranello che la difficile arte dell’improvvisazione riserva ai novizi e agli imprudenti: il senso d’incompiuto. Quello che ti lascia l’amaro in bocca e non capisci, pur impegnandoti, dove la musica voglia andare a parare.
Non è questo il
caso.
E comunque non ho
la più pallida idea di cosa io stia scrivendo. Speriamo che almeno suoni bene.
Sicuramente suona
molto bene il Re Bong.
E qui apro una parentesi personale.
E qui apro una parentesi personale.
E’ da qualche tempo che, classici a parte,
non riesco ad ascoltare roba nuova. Faccio partire un disco e dopo un paio di pezzi sono sopraffatto da
un’orchite cosmica e spengo. E’ un mio problema o ultimamente la roba che esce
(in tutti gli ambiti, dal pop al metal estremo) è dannatamente noiosa? Stavo
quasi per scrivere una richiesta d’aiuto, chiedendo se avessi dovuto andare da
uno psicologo, poi mi sono imbattuto nei KB. Molto probabilmente non si tratta
di un mio problema. Però, volendo essere pignolo, potrei obiettare che il loro
ultimo disco è del 2012. Quindi forse è ancora un mio problema? Forse. Però i KB
mi hanno fatto tornare la voglia di cercare, di curiosare tra i millanta gruppi
underground che fioriscono ogni giorno. Perché, dopo averli ascoltati, è
cresciuta in me la certezza che a forza di navigare in una marea di fuffa,
prima o poi una bella isoletta fresca e ombrosa si debba per forza incontrare.
Grazie per
l’iniezione di fiducia, ragazzi. Forse per questo paese c’è ancora speranza.
Forse.
Dal loro profilo
Bandcamp si leggono le testuali parole:
Il King Bong nasce nell'VIII anno, frutto
marcescente di una notte di frenesia tra il Male Universale e il principio
stesso della Vita. Un epico juggernaut, una bestia villosa che ruggisce
ferocemente e vaga in cerca della pace per la propria mente adulterata. L'unica
soluzione per ottenere un parziale riposo è la Sacra Erba, coltivata con amore
dagli umani e offerta in dono alla bestia da tre menti distorte.
Mi sembra tutto
chiaro.
I tre sudditi del
Re Bong decidono di riunirsi in quel di Milano nel 2008 per rendergli omaggio
con una lunga jam d'improvvisazione. Le cose vanno così bene e il risultato è
talmente soddisfacente che nasce il primo album How I Learned To Stop Worrying
And Love The Bong (2008) seguito poi da Alice In Stonerland (2009) e Space
Shanties (2012).
La formula che i
tre decidono di utilizzare: psichedelia, doom, sludge, stoner e blues tutti
insieme a braccetto appassionatamente tramite l'uso di semplici linee guida che
servono da base su cui poggiare il flusso generato dalla spontaneità di una
musica libera da qualsiasi forzatura e premeditazione, potrebbe sembrare un
azzardo e invece funziona alla grande. Paradossalmente l'ascolto non risulta
particolarmente ostico nonostante il minutaggio dei pezzi non sia uno scherzo
(solo in pochi casi si sta al di sotto ai sette minuti). In soldoni: non vi si
seccano le gonadi dopo qualche minuto di ascolto ma si è invogliati ad andare
fino in fondo. Alla fine si è sazi e soddisfatti.
Una nota a parte
per i titoli delle canzoni. Cose come Even 50 Feet Hamsters Have
Feelings, Inhale On Main Street, The White Rabid, One Riff To Rule Them All e
Zomblues sono da standing ovation.
Oltre a questi
"omaggi" ai film di serie b e alle pietre miliari del rock,
particolarmente azzeccato quello a Frankenstein Junior in A.B.Ong (presente su
Space Shanties).
Divertenti e
spiazzanti, soprattutto grandi!
Gongolo come un bambinello!
King Bong su Bandcamp
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Grazie di cuore per il veritiero post e le primizie che ci regali!!!!
RispondiElimina++++++++
Grazie di cuore, Nella!
RispondiEliminaAverti tra i lettori è per me un grande onore!