Interpol: El Pintor.

Gli Interpol mi hanno regalato moltissime emozioni. E pensare che il fenomenale esordio del 2002, quel Turn On The Bright Lights che dovrebbe essere coccolato e adorato da qualsiasi amante della musica, al primo ascolto non mi era piaciuto. L'avevo addirittura bollato come una schifezza e lasciato a collezionare polvere. Siccome non sono uno che si fida della prima impressione, anche se molte volte risulta essere quella valida, gli diedi una seconda possibilità. Il secondo ascolto mi fece cambiare idea: non era poi così male, anzi era addirittura bello e mi chiesi come avessi potuto etichettare in maniera becera un disco così. Non lo consideravo ancora un grande disco; ho avuto bisogno di un paio di ascolti ulteriori per rimanere folgorato e capirne l'importanza.
E' stato uno degli ultimi dischi a emozionarmi in maniera profonda. E quando mi capita di riascoltarlo, quelle emozioni sopite riaffiorano insieme a nuove sensazioni. Un disco un grado di fare questo è sempre un grande disco.
Poi, come sovente capita quando un gruppo esordisce col botto, Antics, il secondo lavoro, non soddisfò le aspettative, anche se continuava a mantenersi su ottimi livelli, mentre Our Love To Admire e Interpol, i dischi successivi, fecero calare ulteriormente la parabola del gruppo newyorkese.
Infine l'abbandono del bassista Carlos Dengler sembrava voler decretare la fine del percorso.
A voler essere sincero non aspettavo più niente da loro, d'altronde mi (ci) hanno regalato un disco stupendo che rimarrà nella storia; é legittimo volere qualcosa di più? Attendevo fatalmente la notizia del loro scioglimento.
Cosa che non è avvenuta. Anzi, Daniel Kessler e soci hanno continuato imperterriti, pur concedendosi una pausa di quattro anni.
Il risultato è El Pintor.
E si tratta di un risultato insperato.
Fugo subito ogni dubbio: non è il nuovo Turn On The Bright Lights. Per guardarlo negli occhi deve salire almeno su una sedia, ma si colloca sicuramente alla pari di Antics e forse lo supera.
Ciò che salta subito alle orecchie è che le sonorità tornano a essere abrasive come ai bei tempi. L'abbandono di quel suono "pettinato" e poco convincente che levigava gli ultimi lavori, giova alle canzoni rendendole più d'impatto. Anche la scrittura sembra essere stata rinfrancata dalla lunga pausa, le canzoni sono più eterogenee e meno monocorde. Ormai è chiaro che dagli Interpol non ci si debba attendere repentini cambi di rotta, a meno di clamorosi colpi di scena, e quindi o piace questa tazza di tè oppure è meglio cercare altrove.
Non solo non c'è nulla di nuovo ma El Pintor cambia direzione e torna sui suoi passi alla ricerca, forse, dell'ispirazione che il passato ha tenuto con sé. Potrebbe sembrare un difetto ma in questo caso non lo è.

Un guardarsi indietro dichiarato anche dal colore della copertina, quel rosso sanguigno che ammanta anche l'indimenticabile esordio.
Sono sicuro che questo disco riempirà le mie giornate autunnali e chissà, forse riuscirà a suscitare nuove e profonde emozioni.
Ben ritrovati!

Commenti

  1. adoro il primo pezzo, all the rage back home. il resto della scaletta invece non mi ha ancora convito. però meglio non fermarsi ai primi ascolti ;)

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  2. All The Rage è notevole ma anche il resto dopo qualche ascolto riesce a mordere. Poi, sai com'è, non tutti i gusti sono al cioccolato! ;-)

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