Aspettando il Grande Cocomero. Prologo.


Questo è il primo di una serie di post dedicati a una delle festività che più amo.
Segnalazioni, curiosità, musica, letteratura, forse anche un po' di cinema, dedicati al macabro in tutte le sue forme.
Da oggi fino a fine mese, Aspettando il Grande Cocomero vi terrà compagnia.





 
Ottobre, il mese di Ognissanti, Halloween, Samhain o in qualsiasi altro modo lo vogliate chiamare. Il cielo grigio, le caldarroste e le foglie che cadono. E' il mese in cui la natura si prepara al lungo sonno invernale, in cui le tradizioni del passaggio dall'estate all'inverno vengono rispolverate per i più disparati usi e costumi. Tra queste c'è Ognissanti, che a me piace molto. E mi piace chiamarla così, non per un moto d'orgoglio leghista (per carità!) ma semplicemente perché suona bene. Mi piace la versione anglosassone, anche se credo che la nostra abbia un fascino maggiore dovuto al fatto d’essere meno carnevalesca e più intima. Ma trattasi di questione puramente soggettiva.
Ognuno poi, è libero di darle il significato che ritiene più consono.
Personalmente, pur avendo una formazione cattolica, mi affascina anche il lato pagano. Ricordo comunque con affetto le sere della vigilia di Ognissanti trascorse a cuocere le caldarroste, rigorosamente prima che facesse buio, perché poi ci si rintanava in casa, dove gli anziani ti obbligavano a recitare il Rosario se volevi mangiarle. E quel Rosario era lungo, lunghissimo, non finiva più. Ma stavi buonino in un angolino a borbottare giaculatorie, anche perché, sotto sotto, un po' di paura l’avevi. D'altronde ci si ritrovava per ricordare e festeggiare i defunti.
I morti.
Terminate le litanie, si stappava qualche bottiglia di vino e mentre gli adulti iniziavano a ricordare dei tizi che da molto tempo non camminavano più su questa terra, finalmente potevi colorarti di nero le dita sbucciando le castagne arrostite.
E quando tornavi a casa, se prima la paura era solo un velo leggero che ti era stato calato (da chi?) sulle spalle, adesso diventava una coperta spessa e pesante che, anziché scaldare, faceva correre lunghi brividi gelati fin sulla punta dei capelli.
La paura era quel piatto di caldarroste e quel bicchiere di vino, lasciati fuori dalla finestra.
Per i morti.


Commenti

  1. Fino ad una ventina di anni fa questa festività era praticamente sconosciuta da noi, una vera e propria "americanata". Rimasi sorpreso -sarà stato il 2001- quando mi sentì bussare per la prima volta alla porta da dei bambini urlanti.
    Da allora ho imparato a tenere da parte dei dolcetti e dei cioccolatini in occasioni di Halloween. :)

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  2. Bravo Nick!
    A me il dolcetto o scherzetto di matrice anglosassone non è che faccia impazzire ma a quanto pare sembra che i bambini lo adorino, quindi ben venga. Anche questo è un (piccolo) effetto della globalizzazione.
    Paradossalmente ho scoperto che nel nostro paese esistono molte tradizioni legate al culto dei defunti e simili a quella di Halloween, come la "la carita' di murt" emiliana o la ricerca de "l'aneme de muerte" in Puglia.

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