Memorabilia #12
Per il sottoscritto, la Black Widow Records è un'istituzione. Ogni appassionato di dark rock (ma non solo) degno di questo nome, dovrebbe almeno una volta nella vita, fare un pellegrinaggio in Via Del Campo a Genova.
Post pubblicato giovedì 8 gennaio 2004 alle ore 22:53
Post pubblicato giovedì 8 gennaio 2004 alle ore 22:53
TRIBUTO ALLA BLACK WIDOW RECORDS
Premessa: questo non vuole essere uno spot
pubblicitario (alla Black Widow non hanno la più pallida idea di chi io sia) ma
un piccolo omaggio ad una realtà italiana che, lavorando sodo, sta donando molte
soddisfazioni alla musica underground.
Circa dieci anni or sono la mia passione per la musica si scontrava con
la misera decade che il distretto militare ci elargiva: stavo facendo il servizio
civile. Quelle misere centottantamila lire bastavano a malapena a pagarsi i
viaggi in treno, una pizza per levarsi di bocca il sapore di rancido della mensa
e quando andava di lusso un disco.
Mi trovavo a Genova. Ero lontano da casa e da buon piemontese bugianen, nelle prime terribili settimane soffrii maledettamente la mancanza della mia terra. Poi quella città per me aliena incominciò a stregarmi, ad ammaliarmi con i suoi stretti carrugi e a stordirmi con la sua splendida vivacità. In poco tempo me ne innamorai. Conoscevo la Black Widow perché produceva gruppi come Malombra e Il Segno del Comando, ma non immaginavo minimamente che il fulcro di tutto fosse un negozio di Via del Campo (proprio come nella miglior tradizione underground anglosassone, pensai. E mi venne in mente la label indie-pop inglese della Rough Trade). Me lo disse un amico obiettore che condivideva con me la passione per l’hard rock e il progressive a tinte cupe e dal quale estorsi la promessa di portarmi al più presto in quel luogo. Mi accompagnò nella via cantata da De Andrè un tardo pomeriggio, pioveva e dal mare spirava un vento gelido che ti entrava nelle ossa e non ti lasciava più. Ricordo come se fosse oggi il momento in cui entrai in quel piccolo negozio. Rimasi a bocca aperta, come un bambino in un negozio di giocattoli. Ed infatti io ero un bambino e il BW era il più bel negozio di giocattoli che avessi mai visto. Poi i ricordi diventano confusi (ormai ho una certa età). Ricordo le foto appese alle pareti e le copertine di dischi rari far bella mostra di sé e tutto quel vinile che aspettava solo di essere manipolato, osservato e gustato in tutta la sua magnifica e possente presenza (dite quel che volete, ma del fascino emanato dal vecchio e caro disco non se ne trova traccia alcuna nella fredda plastica del supporto digitale, ma questo è un altro discorso). Io me ne stavo lì con tutto quel ben di Dio e con quattro lire in tasca cercando cosa NON comprare. Avessi potuto avrei comprato l’intero negozio. Quel luogo era (ed è) una vera mecca per i collezionisti e per gli amanti del rock a tinte cupe, rischiavo di lasciarci il portafogli oltre che il cuore. Dopo un’ora di certosino “spulciamento” in cui operai scelte a me dolorose acquistai Seals the sense, 45 giri dei Paradise Lost e l’epocale ep Static Magik dei Cathedral. Dopo aver avuto l’imprimatur sulle mie scelte da parte dei simpatici e competenti padroni di casa, uscii promettendo a me stesso di compiere almeno un pellegrinaggio annuale in quel (per me) sacro tempio della musica.
Mi trovavo a Genova. Ero lontano da casa e da buon piemontese bugianen, nelle prime terribili settimane soffrii maledettamente la mancanza della mia terra. Poi quella città per me aliena incominciò a stregarmi, ad ammaliarmi con i suoi stretti carrugi e a stordirmi con la sua splendida vivacità. In poco tempo me ne innamorai. Conoscevo la Black Widow perché produceva gruppi come Malombra e Il Segno del Comando, ma non immaginavo minimamente che il fulcro di tutto fosse un negozio di Via del Campo (proprio come nella miglior tradizione underground anglosassone, pensai. E mi venne in mente la label indie-pop inglese della Rough Trade). Me lo disse un amico obiettore che condivideva con me la passione per l’hard rock e il progressive a tinte cupe e dal quale estorsi la promessa di portarmi al più presto in quel luogo. Mi accompagnò nella via cantata da De Andrè un tardo pomeriggio, pioveva e dal mare spirava un vento gelido che ti entrava nelle ossa e non ti lasciava più. Ricordo come se fosse oggi il momento in cui entrai in quel piccolo negozio. Rimasi a bocca aperta, come un bambino in un negozio di giocattoli. Ed infatti io ero un bambino e il BW era il più bel negozio di giocattoli che avessi mai visto. Poi i ricordi diventano confusi (ormai ho una certa età). Ricordo le foto appese alle pareti e le copertine di dischi rari far bella mostra di sé e tutto quel vinile che aspettava solo di essere manipolato, osservato e gustato in tutta la sua magnifica e possente presenza (dite quel che volete, ma del fascino emanato dal vecchio e caro disco non se ne trova traccia alcuna nella fredda plastica del supporto digitale, ma questo è un altro discorso). Io me ne stavo lì con tutto quel ben di Dio e con quattro lire in tasca cercando cosa NON comprare. Avessi potuto avrei comprato l’intero negozio. Quel luogo era (ed è) una vera mecca per i collezionisti e per gli amanti del rock a tinte cupe, rischiavo di lasciarci il portafogli oltre che il cuore. Dopo un’ora di certosino “spulciamento” in cui operai scelte a me dolorose acquistai Seals the sense, 45 giri dei Paradise Lost e l’epocale ep Static Magik dei Cathedral. Dopo aver avuto l’imprimatur sulle mie scelte da parte dei simpatici e competenti padroni di casa, uscii promettendo a me stesso di compiere almeno un pellegrinaggio annuale in quel (per me) sacro tempio della musica.
Da allora non ci sono mai più tornato.
Non ci sono scuse che tengano ma la mia pigrizia cronica e la mia
idiosincrasia per i viaggi anche brevi hanno contribuito alla mia latitanza
verso quel piccolo gioiello di Via Del Campo.
Ma la mia è solo una latitanza fisica, seguo con interesse tutti i
movimenti del “dinamico duo” della BW, cosa resa ancor più facile dall’avvento
d’internet e devo dire che ne ho ricavato parecchie soddisfazioni.
Oltre a rendere usufruibili alle nuove generazioni vere pietre miliari
ristampando opere di rock progressivo anni settanta di Jacula,
Antonius Rex, Black Widow, Agony Bag o proto-doom come i
Pentagram, Bram Stoker e Necromandus hanno nella loro
scuderia il fior fiore del dark rock in tutte le sue forme, dal prog al doom,
dallo space al folk, dell’underground italico e non: Standarte,
Abiogenesi, Presence, Northwinds, Akron, Il Segno
del Comando, Malombra, The Black, Sad Ministrel, ST37, Cristal
Phoenix per fare qualche nome. E poi ci sono le chicche dei tributi,
tutt’altro che scontati e fuori da ogni “logica” di mercato, ma prodotti con la
passione di chi ama veramente la musica. Perché ci va del coraggio a stampare un
tributo come Not of This Earth: un triplo cd con libro. In questi tempi
di crisi di vendite è un vero e proprio atto temerario e questa temerarietà
andrebbe premiata. E che dire dell’ormai storico …e tu vivrai nel terrore
l’omaggio ai film horror, di King of the witches dedicato ai maestri
Black Widow o dell’imminente Daze of the underground
ringraziamento agli space rockers per eccellenza Hawkwind?
Si tratta di tribute albums in cui l’omaggio non è limitato al
coverizzare i brani già esistenti, ma in molti casi si tratta di vere e proprie
riletture (mi viene in mente la stupenda Mary Clark dei Black Widow
rifatta in italiano dagli Abiogenesi) o addirittura di brani originali
che s’ispirano ai beneficiari del tributo, come accade soprattutto nei due album
dedicati al cinema di genere.
Un’altra peculiarità del made in BW è la quasi sempre presente stampa in
vinile una vera manna per gli appassionati.
La Black Widow Records è un raro esempio di come si possa lavorare
nel mondo della musica con passione nel rispetto dell’artista e
dell’acquirente.
Ci devo proprio tornare a Via del Campo, uno di questi giorni.
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