Memorabilia #18
Quando Heavy Metal e Horror s'incontrano è come se fossi un ragazzino di fronte al più grande luna park del mondo. L'esordio dei The Vision Bleak, a distanza di oltre dieci anni, continua a farmi fare dei bei giri sull'ottovolante. L'ottovolante più grande del mondo, naturalmente!
Post pubblicato sabato 8 maggio 2004, alle ore 01:00
Post pubblicato sabato 8 maggio 2004, alle ore 01:00
THE VISION BLEAK
The Deathship Has a New Captain (Prophecy)
Se ti nascondi non riuscirai a
vedere e una volta calate le tenebre non ci sarà ritorno: la condanna sarà
navigare nel mare dei dannati. Le ombre camminano e i morti risorgono grazie al
notturno germe maledetto giunto dal mare. Sale la nebbia illuminata dalla
glaciale luna piena, i dodici rintocchi del campanile sono lacerati dall’ululato
del licantropo. Il bagliore dei suoi infuocati occhi demoniaci attende la
vergine carne del banchetto. Uomini, schiavi senz’anima ammassati lungo le torri
di Babilonia che coprono il cielo dell’oscura Metropolis: milioni di speranze
stritolate dall’acciaio di macchine demoniache.
E la nebbia salirà dal mare e con
essa giungerà la Nave della Morte. Partita dagli abissi dell’inferno,
raggiungerà il cupo infinito del cielo. La Nave della Morte ha un nuovo
capitano.
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Nove canzoni di morte,
destino e orrore. Nove inni di grande orrore esclusivamente per il nostro
spaventoso piacere eseguite da Allen B. Konstanz e Ulf
Theodor Schwadorf. Si presenta con questa grande enfasi degna dei
migliori flani horror della Hammer l’opera prima dei The Vision Bleak:
The Deathship Has a New Captain. E si presenta esattamente per quello che
è: un’opera composta per divertire l’ascoltatore.
Un classico heavy
metal di stampo moderno con pochi fronzoli, con ritornelli che si imparano sin
dal primo ascolto. Nessuna velleità prog, nessuna suite lunghissima e
cervellotica, ma tanta semplicità ed immediatezza e quel pizzico d’ingenuità,
come nella miglior tradizione della Hammer, questo è in sintesi il progetto dei
due tedeschi. Dopo aver posto fine all’avventura del progetto Empyrium
che ha partorito quattro dischi stupendi (A Wintersunset (1996), Songs of Moors & Misty
Fields (1997), Where at night the wood grouse plays (1999) e
Weiland (2002)) che spaziavano dal black metal al folk sinfonico, quel
folle genio compositore e polistrumentista di Schwadorf si è lanciato in questo progetto di più ampio
respiro, ma non meno affascinante. Il mondo dei TVB è il mondo cupo, abitato
dalle nostre paure più recondite che trasciniamo con noi sin dall’infanzia. E’
un rumore sconosciuto, un’ombra che si muove, la sensazione che qualcuno ci stia
seguendo, una porta che cigola, un sussurro nel buio. E’ il mondo di celluloide
in bianco e nero che più di una volta da bambini ci ha fatto coprire gli occhi
all’apparizione dell’Uomo Lupo o di Frankenstein. Sulla nave della
morte non manca nessuno: Bela Lugosi, Lon Chaney, Boris
Karloff, Christopher Lee, Vincent Price, Peter Cushing:
la loro presenza aleggia vivida più che mai tra le note di queste canzoni.
Veri e propri inni horror sono la bellissima
introduzione: la sinfonica A Shadow Arose e poi The night of
the living dead, Wolfmoon, The Long Night Rider e la splendida
rilettura del tema portante di The Fog di John Carpenter in
Elizabeth Dane con tanto
di voce narrante, roba da far accapponare la pelle! Echi dei defunti Empyrium
riemergono nella conclusiva Deathship Symphony il pezzo più articolato e
complesso del disco, mentre ho riscontrato in Metropolis, un pezzo doom
poco incisivo con un riff troppo simile a Sad But True dei
Metallica, l’anello debole dell’opera. La mia, in ogni caso, è pura
pignoleria perché questo disco, grazie soprattutto ad un songwriting semplice,
agli arrangiamenti e agli orpelli (tastiere, parti sinfoniche, voci femminili e
parti recitate) che ne arricchiscono l’atmosfera rendendola molto
“cinematografica”, è un vero e proprio must per gli amanti
dell’horror.
La Nave della Morte ha
un nuovo capitano e sta per salpare. Avete voglia di una crociera
nell’incubo?
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