Memorabilia #45
A distanza di anni non cambio opinione. L'ho ascoltato ieri (più che altro ci ho provato) e non sono riuscito ad arrivare a metà. Ma domani, chissà. Magari lo ascolterò per tutta la giornata.
Post pubblicato venerdì 2 marzo 2007, alle ore 17:00
Jesus And Mary Chain
Psychocandy
Riparto da qui. Dai fratelli Reid e dal loro capolavoro.
Ci sono giorni in cui adoro questo disco, mi piace l’abbraccio tra la melodia vocale ed il rumoroso feedback delle chitarre. Mi piace l’atmosfera “gelatinosa” che permea la musica, come se le note cercassero di farsi spazio nel miele.
In altri giorni non lo sopporto. Odio quelle chitarre che sembrano uno sciame di zanzare impazzite che ti ronzano nel cervello e quella vocetta sussurrante che cerca di dirti qualcosa che non puoi capire, perché il rumore di sottofondo impedisce di concentrarti sulle parole.
Con questo non voglio negare la bellezza di un’opera che tutti quelli che si dichiarano appassionati di musica dovrebbero comprare a scatola chiusa, perché è il seme da cui è germogliato lo shoegazing, perché ha saputo fare tesoro della lezione impartita dal punk e l’ha rinnovata, perché ha fatto capire che rumore e melodia possono prendersi a schiaffi e coesistere eccetera, eccetera. Ma è anche un disco difficile, lunatico e umorale, storto e distorto. E’ anche vero che esistono dischi ben più ostici di questo eppure solo questo riesce a provocarmi brividi di piacere quasi fisico e fremiti di nervoso fastidio nell’arco di pochi minuti. Ogni volta che l’ascolto esco stremato, come se avessi nuotato nel fango per quaranta minuti senza fermarmi. Stanco ma soddisfatto: un po’ per esserne uscito, un po’ perché rotolarmi nella melma mi piace. E poi dicono che faccia bene alla pelle.
Post pubblicato venerdì 2 marzo 2007, alle ore 17:00
Jesus And Mary Chain
Psychocandy
Riparto da qui. Dai fratelli Reid e dal loro capolavoro.
Ci sono giorni in cui adoro questo disco, mi piace l’abbraccio tra la melodia vocale ed il rumoroso feedback delle chitarre. Mi piace l’atmosfera “gelatinosa” che permea la musica, come se le note cercassero di farsi spazio nel miele.
In altri giorni non lo sopporto. Odio quelle chitarre che sembrano uno sciame di zanzare impazzite che ti ronzano nel cervello e quella vocetta sussurrante che cerca di dirti qualcosa che non puoi capire, perché il rumore di sottofondo impedisce di concentrarti sulle parole.
Con questo non voglio negare la bellezza di un’opera che tutti quelli che si dichiarano appassionati di musica dovrebbero comprare a scatola chiusa, perché è il seme da cui è germogliato lo shoegazing, perché ha saputo fare tesoro della lezione impartita dal punk e l’ha rinnovata, perché ha fatto capire che rumore e melodia possono prendersi a schiaffi e coesistere eccetera, eccetera. Ma è anche un disco difficile, lunatico e umorale, storto e distorto. E’ anche vero che esistono dischi ben più ostici di questo eppure solo questo riesce a provocarmi brividi di piacere quasi fisico e fremiti di nervoso fastidio nell’arco di pochi minuti. Ogni volta che l’ascolto esco stremato, come se avessi nuotato nel fango per quaranta minuti senza fermarmi. Stanco ma soddisfatto: un po’ per esserne uscito, un po’ perché rotolarmi nella melma mi piace. E poi dicono che faccia bene alla pelle.
Una potenza mica da poco, questo album ;)
RispondiEliminaPure troppo! ;-)
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