Claudio Vergnani: Lovecraft’s Innsmouth.

… si trattava semplicemente di accompagnare il professor Franco Brandellini (questo il nome del cliente) per una settimana in una cittadina per turisti sulle coste del Massachusetts, dove era stata ricostruita a uso e consumo dei gonzi (questa invece la spiegazione di Vergy) la Innsmouth del racconto "The Shadow Over Innsmouth" di H.P. Lovecraft. Il nome della struttura era, nella sua grande originalità, "Lovecraft’s Innsmouth".
«Insomma», spiegò Vergy, «hanno costruito questa specie di Disneyland che rispecchia pari pari la città del racconto. Catapecchie cadenti, vicoli, l’albergo schifoso, la chiesa dell’ordine di quel… come si chiamava quello stronzo con le squame con il quale i cittadini stringono il solito patto blasfemo?»
Ritornai con la memoria ai tempi del liceo. «Dagon, direi. Lo aveva contattato un capitano del posto che era stato in non so quale località esotica e lì aveva saputo di questa creatura che, al prezzo modico di qualche sacrificio umano, avrebbe garantito pesce, oro e figa per tutti gli anni a venire.»
«Giusto, una cosa così. Aspetta, questa ti piacerà: per le strade girano anche delle comparse truccate come gli abitanti del racconto. Dei rachitici che camminano arrancando, puzzano di pesce e al posto della faccia hanno un mascherone da merluzzo. Bene, ora tu non ci crederai, ma sembra che esistano molti appassionati di questa spazzatura e il nostro professore è uno di loro. E vuole fare un salto a godersi cotanta bellezza. Tu e io lo dobbiamo accompagnare e proteggere. Da cosa, non saprei.»
«Sembra un compito abbordabile.»
«Già. Il guaio è che dicevano così anche dello sbarco in Normandia.»



Ho preso in prestito l'estratto di Lovecraft’s Innsmouth che si trova su Amazon perché rende perfettamente l'idea di quale sia il genere e lo stile di questo romanzo. Quelle poche righe valgono più di tutte le sinossi immaginabili.
E adesso vi racconto una storia.
Mi sono imbattuto per la prima volta nel nome di Claudio Vergnani qualche anno fa, quando uscì Il 18° Vampiro, primo capitolo della sua trilogia vampiresca. All'epoca, il solo sentir pronunciare la parola vampiro aveva su di me l'effetto di un'alitata all'aglio in faccia a Dracula. Colpa di Stephenie Meyer e del suo Twilight, che riversò su tutto il pianeta un'ondata di vampiri fighetti che al posto del sangue sembravano nutrirsi di balsamo per capelli. Le librerie furono invase (e purtroppo sono ancora lontane dall'esserne liberate) da orde d'insulsi romanzetti spacciati come horror, la cui unica cosa horror che li caratterizza è la loro stessa esistenza. Non ne potevo più di vedere e sentir parlare di vampiri (fighetti) in ogni dove e quando uscì il libro di Vergnani lo etichettai senza leggerlo come un mero tentativo di aggrapparsi al carrozzone meyeriano.
Lo ammetto: sono stato superficiale e approssimativo. Mea culpa. Perché Vergnani e i suoi romanzi sono distanti anni luce. Tutto un altro pianeta. E qui mi fermo perché rispetto troppo l'autore Modenese per accostarlo a certa spazzatura.
Anni dopo, seguendo la mia passione per Lovecraft m'imbatto in un racconto, Lovecraft’s Innsmouth che non può non attirare la mia attenzione. Da buon cultista, lo acquisto e lo divoro.
Risultato? Un paio d'ore dopo sono sul web a recuperare quasi tutta la bibliografia di Vergnani.
E quando qualche mese dopo, a ridosso di Halloween esce Lovecraft’s Innsmouth Il Romanzo, gongolo come uno scolaretto al quale abbiano appena detto che la sua scuola è crollata.
Fine della storia.
Allora com'è questo benedetto romanzo, vi starete giustamente chiedendo? Ed io, colto da avverbiatura compulsiva, vi dico altrettanto giustamente e semplicemente che è bello.
Molto.
Se dovessi usare un solo aggettivo per descrivere questo romanzo sarebbe: spiazzante.
E non solo per la trama che è veramente disorientante. In senso buono, buonissimo.
Ma perché se fatto leggere ad una delle categorie di personcine che elencherò a breve,
il loro spiazzamento sarebbe così improvviso e potente da farli rimanere scioccati come se avessero assistito all'apparizione del Grande Cthulhu in carne e tentacoli. E forse sarebbero costretti a rivedere le proprie (assurde?) posizioni.
Perciò questo romanzo andrebbe inoculato a:
1) I soloni che blaterano sull'inesistenza di una scena italiana dedicata alla letteratura di genere.
2) I fratelli dei soloni di cui sopra, che si lamentano di troppa amatorialità da parte degli autori italiani.
3) Gli americanisbettar, quelli a cui dà fastidio leggere romanzi di genere con ambientazione italica o con nomi autoctoni. Uno che si chiama Giovanni non è credibile come spaccaculi, ma John invece sì. (Allora chiamo un attimo il mio amico Giovanni e vediamo se cambi idea)
4) Gli americandasitbettar, da non confondere con quelli del punto 3. Questi aborriscono a prescindere qualsiasi traccia di Bel Paese dall'opera libraria. Anche solo un accostamento casuale di verde, bianco e rosso in copertina.
5) I vampiri fighetti.

In sintesi:
Lovecraft’s Innsmouth è una terapia d'urto che sarebbe molto utile prescrivere, anche come TLO (Trattamento Letterario Obbligatorio), a coloro che ritengono che in Italia non si sappia fare letteratura di genere.

E ora attivo la modalità blogger recensore letterario (della domenica).
Ho sempre ritenuto eccezionale la cosmogonia creata da Lovecraft, un bacino enorme dal quale attingere a piene mani per creare nuovi e sempre più inesplicabili orrori. Purtroppo il ripetere, non pedissequo ma quasi, le opere del Nostro, attraverso uno schema ormai abusato non ha prodotto lavori che oltrepassino la soglia del piacevole. Salvo sporadiche eccezioni. E una di queste è proprio Claudio Vergnani, che scavalca i seri e rigidi limiti (auto)imposti dal Solitario di Providence e sembra quasi farsene beffa. Non si tratta però di mancanza di rispetto e nemmeno un voltargli ingrato le spalle o peggio rinnegarlo. Perché l'amore che lo scrittore modenese nutre per Lovecraft si legge palesemente tra le righe. L'orrore rimane sempre orrore (cosmico), ma la luce sotto la quale risplende è quella dell'ironia. Che non vuol dire ridurre tutto in farsa o parodia. Vergnani è bravo mescolare tutti gli ingredienti della classica storia horror aggiungendo dosi di azione e ironia miscelandole sapientemente e senza strafare.
Si tratta di una visione fresca e alternativa che non può far altro che portare nuova linfa e nuova vita ai Grandi Antichi.
Ia!

Commenti

  1. Vergnani è uno dei maggiori talenti italiani, per quanto riguarda l'horror. E' riuscito a convincere molti lettori della bontà degli scrittori nostrani, il che non è poco.

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  2. Grazie di cuore ragazzi. Le cose che avete scritto mi ripagano di tante amarezze. Davvero mille grazie.

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  3. Beh io un po' esterofila sono. Ma non me ne pento affatto. Nel panorama italiano ci sono probabilmente troppi interessi legati a certi nomi e CE. Dunque è difficile scoprire chi sia degno di attenzione. Quindi, grazie infinitamente per questo post *__*

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  4. @Nick, hai perfettamente ragione.

    @Claudio, già sai! ;-)

    @Glò, siamo tutti un po' esterofili. Fin da bambini subiamo un imprinting indirizzato specialmente verso gli Usa. Però quello che un po' mi secca (in generale, non solo in ambito letterario) sono i PREGIUDIZI di quelli che pontificano senza cognizione di causa. E' anche vero che. come giustamente dici, ci mettiamo del nostro. Purtroppo in Italia tutto fa "cricca" e se non fai parte del circolino difficilmente riesci a emergere o hai visibilità. Nella letteratura di genere poi la situazione è davvero imbarazzante. Tra prodotti scadenti e faide tra autori, blogger e fan il panorama è davvero desolante. Per questo motivo autori come Claudio sono come un refolo d'aria balsamica in una palude! :-)

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  5. Sembra molto, molto, molto interessante. Mi sottopongo volentieri al TLO e vado subito a cercarlo (finora non mi hai propinato nessuna "fregatura" ;) e quindi mi fido ciecamente), dato che non sono assolutamente "americansbettar", anzi mi cibo quotidianamente di autori italiani e di musica (indipendente, ovviamente) italiana. Il problema dell'Italia e degli italiani non sono di certo gli scrittori o i musicisti, sono solo le tessere di partito e i relativi possessori, per tutto il resto non abbiamo di che lamentarci.
    Un saluto!

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  6. Ciao Ant!
    Bè quello delle tessere di partito è un problema che temo non risolveremo mai. Però da più parti sento dire: ah, la roba italiana non mi piace e non l'ascolto/leggo a prescindere.
    Anche nella musica indipendente ci sono stati fior di grupponi che in maniera paradossale hanno avuto più successo all'estero che in patria, mi vengono in mente gruppi come Negazione e Raw Power. In Italia abbiamo ottimi artisti che, purtroppo, non riescono emergere non solo perché non dotati di tessera, ma anche per una certa sudditanza (psicologica) del pubblibo che porta a ritenere i prodotti altrui migliori.
    Lungi da me propinare fregature! :-)
    Ciao!

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