I miei anni ’80: una spallina sui cui piangere.
Evocato da La Nostra Libreria, che ringrazio sentitamente, emergo dall'abisso di un letargo fuori stagione per partecipare al meme lanciato dal vulcanico MikiMoz, su un tema a me molto caro:
Infrango la regola base che prevede che io nomini altri cinque blogger, non perché mi piaccia infrangere le regole, ma perché sono un po' in ritardo e quelli che avrei voluto nominare sono già stati nominati. E poi sono sicuro che, dopo aver letto questo breve post, di questo meme ne avrete abbastanza. :-)
Pronti? Via!
Essendo un classe 1972, la decade degli anni 80 è stato il sentiero imboccato da un bambino e terminato da un adulto. Se dovessi usare una sola parola per descriverlo, sarebbe sicuramente: colorato.
Pronti? Via!
Essendo un classe 1972, la decade degli anni 80 è stato il sentiero imboccato da un bambino e terminato da un adulto. Se dovessi usare una sola parola per descriverlo, sarebbe sicuramente: colorato.
Le tinte fluo, i capelli cotonati e gli abiti oversize con abbinamenti cromatici da codice penale e i suoni saturi e sintetici con le drum machines a dettare ritmi che sembravano provenire da una pentola tartassata senza ritegno. Potrei continuare ancora per molto tempo. Le giacche con le spalline da fare invidia a Robocop. Gli scaldamuscoli, caspita, li stavo dimenticando insieme ai paraorecchie pelosi.
Oltre all'esagerazione cromatica, ciò che li ha resi davvero indimenticabili è stata la continua scoperta di cose nuove. Cose mai viste, mai sentite e mai provate.
Non voglio essere noioso e sbrodolare un elenco di film, libri e dischi che avrete sicuramente letto nei blog coinvolti in questo meme, perché in quegli anni sono uscite cose che hanno veramente fatto la differenza e sono rimaste nel cuore di chi le ha vissute, quindi mi limiterò a citarne un massimo di tre o quattro per tipo, anche se la scelta è stata molto difficile.
Hey Ho, Let's Go!
Qui ho dovuto compiere le scelte più dolorose perché la Musica, che da sempre accompagna la mia vita, in quella decade è stata una continua fonte di stupore. Il costante scoprire nuove canzoni, nuovi gruppi e nuovi generi, oltre al fascino della scoperta in sé, che in un animo curioso come il mio è pane, era qualcosa che andava oltre il semplice passatempo. Era qualcosa (e ancora oggi lo è) che ti portavi dentro e che permeava le tue giornate. Le canzoni entravano a far parte della tua vita perché erano il sottofondo alle chiacchiere con gli amici, alle confidenze, alle confessioni e ai pettegolezzi. Erano lì a farti compagnia quando ti sentivi dannatamente solo perché tutti i tuoi amici erano al mare e tu al mare non ci andavi. Così trascorrevi le giornate, lunghe, lunghissime, eterne, a consumare i pochi nastri che avevi o a fare zapping radiofonico sperando di trovare qualche trasmissione o qualche canzone che ti facesse uscire dal tedio che ammorbava anche le emozioni. Le canzoni erano lì con te quando ti sentivi una merda perché c'era quella ragazzina che ti piaceva da morire e tu, non solo non osavi nemmeno salutare, ma addirittura cercavi di evitare perché ti sentivi goffo e inadeguato. Ti sentivi e ti vedevi brutto. Orrendo. E lei, mai e poi mai avrebbe mostrato un minimo interesse nei tuoi confronti. Tu, miserevole essere dalle sembianze antropomorfe, ti rintanavi nella tua cameretta a guardare il soffitto oppure fuori dalla finestra ascoltando a ripetizione Carless Whisper o Save a Prayer, sempre con il suo volto negli occhi. C'erano ancora le canzoni quando andavi alle feste e allora le feste avevano un senso ed erano importanti, non c'è bisogno che ve lo spieghi.
Qui ho dovuto compiere le scelte più dolorose perché la Musica, che da sempre accompagna la mia vita, in quella decade è stata una continua fonte di stupore. Il costante scoprire nuove canzoni, nuovi gruppi e nuovi generi, oltre al fascino della scoperta in sé, che in un animo curioso come il mio è pane, era qualcosa che andava oltre il semplice passatempo. Era qualcosa (e ancora oggi lo è) che ti portavi dentro e che permeava le tue giornate. Le canzoni entravano a far parte della tua vita perché erano il sottofondo alle chiacchiere con gli amici, alle confidenze, alle confessioni e ai pettegolezzi. Erano lì a farti compagnia quando ti sentivi dannatamente solo perché tutti i tuoi amici erano al mare e tu al mare non ci andavi. Così trascorrevi le giornate, lunghe, lunghissime, eterne, a consumare i pochi nastri che avevi o a fare zapping radiofonico sperando di trovare qualche trasmissione o qualche canzone che ti facesse uscire dal tedio che ammorbava anche le emozioni. Le canzoni erano lì con te quando ti sentivi una merda perché c'era quella ragazzina che ti piaceva da morire e tu, non solo non osavi nemmeno salutare, ma addirittura cercavi di evitare perché ti sentivi goffo e inadeguato. Ti sentivi e ti vedevi brutto. Orrendo. E lei, mai e poi mai avrebbe mostrato un minimo interesse nei tuoi confronti. Tu, miserevole essere dalle sembianze antropomorfe, ti rintanavi nella tua cameretta a guardare il soffitto oppure fuori dalla finestra ascoltando a ripetizione Carless Whisper o Save a Prayer, sempre con il suo volto negli occhi. C'erano ancora le canzoni quando andavi alle feste e allora le feste avevano un senso ed erano importanti, non c'è bisogno che ve lo spieghi.
La musica c'era sempre, fin da piccolino con la tua mamma che lavorava a casa, cucendo a macchina tutto il giorno con la radio accesa. Perché a tua mamma piaceva la musica e ti ha trasmesso la sua passione. La Radio allora era molto diversa e trasmetteva dagli Abba agli ZZ Top a discrezione dei gusti dei deejay e non secondo mere logiche di marketing dettate da un ufficio programmazione che nemmeno esisteva.
In questo modo ho imparato ad amare la musica. Tutta. Certi generi più di altri, è naturale, ma il crescere senza barriere mentali mi ha permesso di goderne appieno. Per questo motivo è difficilissimo fare una scelta, perché se dipendesse da me, in questo elenco metterei mezzo mondo. Mi limito a citare i tre gruppi che per motivi diversi hanno rappresentato tre tappe fondamentali in quegli anni.
I Duran Duran. Non mi sono mai vergognato di ammettere la mia passione nei loro confronti. Sono stato preso in giro e perculato anche pesantemente ma non mi sono mai tirato indietro. Quando si è ragazzini certe prese in giro, che col senno di poi sono poca cosa, assumono dimensioni colossali e possono farti stare molto male. All'epoca erano considerati, dai soliti snob, niente di più che una boy band senza spessore che produceva canzonette sciape adatte a ragazzine urlanti. A parte il fatto che anche se fosse stato effettivamente così, un bel chi se ne frega ci sarebbe stato bene, il tempo ha restituito il maltolto e li ha consacrati per quello che sono sempre stati: un grandissimo gruppo.
Li conobbi proprio grazie a una di quelle ragazzine urlanti che era tanto carina e mi piaceva un sacco. Un po' per farmi bello ai suoi occhi (impresa invero molto ardua) mi misi anch'io ad ascoltarli. Di lei ho perso le tracce. I Duran invece sono rimasti.
Quello che sto per scrivere, ai profani sembrerà un'esagerazione. Un'iperbole atta a dare più atmosfera al post. Posso assicurare che non è così. Anzi, credo di non essere così bravo e le mie parole non riusciranno a far trasparire quello che gli Iron Maiden hanno rappresentano e hanno contribuito a creare nella mia vita. Perché sono il gruppo che le ha dato una svolta e l'ha cambiata. 1986. Un giorno, un mio compagno di scuola mi chiese: --Ti piacciono gli Iron Maiden? -- ed io candido risposi: --Non li ho mai ascoltati. Sono quelli coi i teschi in copertina, vero?-- --Sì, sono loro. Oggi ti faccio una cassetta e domani te la porto.-- Il giorno dopo me la portò davvero e quando arrivai a casa, invece di studiare (per quello non c'era mai tempo), mi fiondai in cameretta e misi su il nastro. Quando partirono le prime note di Somewhere In Time persi la ragione. No. Non è vero. Un barlume di lucidità rimase perché capii che da quel momento avei dovuto assolutamente recuperare tutto il possibile degli Iron Maiden, che facevano Heavy Metal, un genere che non conoscevi ma che stavi imparando ad amare e allora ti ci dovevi buttare a bomba. Ascoltai quella cassetta tutto il giorno. Era la copia di una copia di un vinile e si sentiva malissimo di suo, figuriamoci sul mio registratore portatile mono.
Se fino ad allora la musica era stata importante, da quel giorno diventò fondamentale. Mi portò letteralmente a costringere i miei genitori a comprare un impianto stereo, con il giradischi naturalmente. Cambiai look (indovinate quale?) causando non pochi dispiaceri genitoriali (possibile che tu debba andare in giro conciato in quel modo?) e condizionando, volontariamente e non, le mie amicizie. Nuovi amici con la stessa passione entrarono a far parte della mia vita ma qualcuno se ne andò. Sembra strano, ma si potevano perdere gli amici anche a causa della musica che ascoltavi, oppure potevi anche prendere qualche legnata a causa della maglietta che indossavi. Da quel giorno e anche grazie agli Iron Maiden, iniziarono gli anni più belli di quella decade e forse di tutta la mia vita.
Ho ancora quella cassetta: una Sony HF da 90 minuti con Somewhere In Time e alcune parti di Live After Death. La custodisco come una reliquia.
In questo modo ho imparato ad amare la musica. Tutta. Certi generi più di altri, è naturale, ma il crescere senza barriere mentali mi ha permesso di goderne appieno. Per questo motivo è difficilissimo fare una scelta, perché se dipendesse da me, in questo elenco metterei mezzo mondo. Mi limito a citare i tre gruppi che per motivi diversi hanno rappresentato tre tappe fondamentali in quegli anni.
I Duran Duran. Non mi sono mai vergognato di ammettere la mia passione nei loro confronti. Sono stato preso in giro e perculato anche pesantemente ma non mi sono mai tirato indietro. Quando si è ragazzini certe prese in giro, che col senno di poi sono poca cosa, assumono dimensioni colossali e possono farti stare molto male. All'epoca erano considerati, dai soliti snob, niente di più che una boy band senza spessore che produceva canzonette sciape adatte a ragazzine urlanti. A parte il fatto che anche se fosse stato effettivamente così, un bel chi se ne frega ci sarebbe stato bene, il tempo ha restituito il maltolto e li ha consacrati per quello che sono sempre stati: un grandissimo gruppo.
Li conobbi proprio grazie a una di quelle ragazzine urlanti che era tanto carina e mi piaceva un sacco. Un po' per farmi bello ai suoi occhi (impresa invero molto ardua) mi misi anch'io ad ascoltarli. Di lei ho perso le tracce. I Duran invece sono rimasti.
Quello che sto per scrivere, ai profani sembrerà un'esagerazione. Un'iperbole atta a dare più atmosfera al post. Posso assicurare che non è così. Anzi, credo di non essere così bravo e le mie parole non riusciranno a far trasparire quello che gli Iron Maiden hanno rappresentano e hanno contribuito a creare nella mia vita. Perché sono il gruppo che le ha dato una svolta e l'ha cambiata. 1986. Un giorno, un mio compagno di scuola mi chiese: --Ti piacciono gli Iron Maiden? -- ed io candido risposi: --Non li ho mai ascoltati. Sono quelli coi i teschi in copertina, vero?-- --Sì, sono loro. Oggi ti faccio una cassetta e domani te la porto.-- Il giorno dopo me la portò davvero e quando arrivai a casa, invece di studiare (per quello non c'era mai tempo), mi fiondai in cameretta e misi su il nastro. Quando partirono le prime note di Somewhere In Time persi la ragione. No. Non è vero. Un barlume di lucidità rimase perché capii che da quel momento avei dovuto assolutamente recuperare tutto il possibile degli Iron Maiden, che facevano Heavy Metal, un genere che non conoscevi ma che stavi imparando ad amare e allora ti ci dovevi buttare a bomba. Ascoltai quella cassetta tutto il giorno. Era la copia di una copia di un vinile e si sentiva malissimo di suo, figuriamoci sul mio registratore portatile mono.
Se fino ad allora la musica era stata importante, da quel giorno diventò fondamentale. Mi portò letteralmente a costringere i miei genitori a comprare un impianto stereo, con il giradischi naturalmente. Cambiai look (indovinate quale?) causando non pochi dispiaceri genitoriali (possibile che tu debba andare in giro conciato in quel modo?) e condizionando, volontariamente e non, le mie amicizie. Nuovi amici con la stessa passione entrarono a far parte della mia vita ma qualcuno se ne andò. Sembra strano, ma si potevano perdere gli amici anche a causa della musica che ascoltavi, oppure potevi anche prendere qualche legnata a causa della maglietta che indossavi. Da quel giorno e anche grazie agli Iron Maiden, iniziarono gli anni più belli di quella decade e forse di tutta la mia vita.
Ho ancora quella cassetta: una Sony HF da 90 minuti con Somewhere In Time e alcune parti di Live After Death. La custodisco come una reliquia.
Verso la fine del decennio entrò a far parte della mia vita uno dei gruppi più bistrattati nella storia della musica: i Blue Oyster Cult. Praticamente sconosciuti in Italia, a parte il solito manipolo di appassionati, i BOC hanno pubblicato a partire dall'inizio degli anni 70 una sequela di dischi fantastici di un rock duro ma molto melodico e a tinte cupe in cui i testi colti e ricchi di riferimenti spaziano dall'esoterismo alle motociclette e dalla fantascienza all'horror. Autori di un concept che si dipana in oltre vent'anni di musica, hanno influenzato una miriade di gruppi diventati molto più famosi di loro. E qui mi fermo perché non è mia intenzione mettermi a fare il docente di storia del rock.
Li conobbi per caso, la solita cassetta prestata da un amico, e anche con loro fu amore a primo udito (!). Un gruppo misterioso, dalle copertine criptiche e piene di strani riferimenti con una musica sempre velata di buio. I testi delle canzoni non erano presenti nei dischi, se li volevi dovevi scrivere a una casella postale di New York (città da cui provenivano) mandando i francobolli per la risposta e loro te li avrebbero spediti. Ma io non mi fidavo, perché un po' m'inquietavano, così passai le notti a cercare di decifrarli ascoltando e riascoltando le loro canzoni. Mi ci vollero anni per completare la loro discografia in vinile, risparmiando all'inverosimile.
Li conobbi per caso, la solita cassetta prestata da un amico, e anche con loro fu amore a primo udito (!). Un gruppo misterioso, dalle copertine criptiche e piene di strani riferimenti con una musica sempre velata di buio. I testi delle canzoni non erano presenti nei dischi, se li volevi dovevi scrivere a una casella postale di New York (città da cui provenivano) mandando i francobolli per la risposta e loro te li avrebbero spediti. Ma io non mi fidavo, perché un po' m'inquietavano, così passai le notti a cercare di decifrarli ascoltando e riascoltando le loro canzoni. Mi ci vollero anni per completare la loro discografia in vinile, risparmiando all'inverosimile.
I Fumetti furono un'altra tappa fondamentale nella mia crescita. Li ho sempre amati e continuo tuttora.
Conobbi Topolino negli anni 70 grazie alla generosità di un parente che me ne regalò un paio di annate. Ero così contento ed emozionato che non riuscii nemmeno a ringraziarlo. Li ho letteralmente consumati. Letti e riletti a tal punto che i numeri più gettonati avevano i lati delle pagine trasparenti. Topolino e soprattutto Paperino, il mio preferito, mi hanno fatto compagnia nelle calde giornate estive che trascorrevo da solo, quando tutti erano in vacanza. E' stato importante. Anche negli anni 90, almeno fino alla metà, è stato un appuntamento settimanale imprescindibile.
Un autore che ha marcato indelebilmente la mia adolescenza è stato Bonvi. Un genio che ho conosciuto grazie a mio padre a cui piacevano le Sturmtruppen. La sgangherata cricca tedesca, non solo mi ha fatto sbellicare dalle risate ma ha permesso che conoscessi il grande talento di un autore che ci ha lasciato troppo presto. Da allora ho recuperato quasi tutta la sua produzione che adoro incondizionatamente. Ma le Sturmtruppen, anche per motivi nostalgici, rimangono le mie preferite.
Poi è arrivato Dylan Dog. Fino ad allora c'era Zagor, che scroccavo o compravo quando qualche titolo solleticava la mia curiosità, soprattutto quando doveva vedersela contro qualche mostro o alieno.
Quando l'indagatore dell'incubo arrivò in edicola lo snobbai perché credevo, erroneamente, che non valesse la pena. I soldi erano risicati e si dovevano fare continuamente delle scelte sacrificando alcune cose. Il fatto che a naso Dylan non mi ispirasse, mi fece propendere per dirigere le mie spese verso altro. Recuperato in fretta e furia l'anno seguente la sua prima uscita, da allora, fino a qualche anno fa, sono stato un suo fedele lettore. Per quanto possa sembrare stupido (o patetico) Dylan mi ha aiutato a barcamenarmi in un'annata particolarmente difficile e pesante degli anni 90. Per non pensare, tutti i pomeriggi mi tuffavo nella lettura dei suoi albi e per qualche ora le cose andavano meglio.
Conobbi Topolino negli anni 70 grazie alla generosità di un parente che me ne regalò un paio di annate. Ero così contento ed emozionato che non riuscii nemmeno a ringraziarlo. Li ho letteralmente consumati. Letti e riletti a tal punto che i numeri più gettonati avevano i lati delle pagine trasparenti. Topolino e soprattutto Paperino, il mio preferito, mi hanno fatto compagnia nelle calde giornate estive che trascorrevo da solo, quando tutti erano in vacanza. E' stato importante. Anche negli anni 90, almeno fino alla metà, è stato un appuntamento settimanale imprescindibile.
Un autore che ha marcato indelebilmente la mia adolescenza è stato Bonvi. Un genio che ho conosciuto grazie a mio padre a cui piacevano le Sturmtruppen. La sgangherata cricca tedesca, non solo mi ha fatto sbellicare dalle risate ma ha permesso che conoscessi il grande talento di un autore che ci ha lasciato troppo presto. Da allora ho recuperato quasi tutta la sua produzione che adoro incondizionatamente. Ma le Sturmtruppen, anche per motivi nostalgici, rimangono le mie preferite.
Poi è arrivato Dylan Dog. Fino ad allora c'era Zagor, che scroccavo o compravo quando qualche titolo solleticava la mia curiosità, soprattutto quando doveva vedersela contro qualche mostro o alieno.
Quando l'indagatore dell'incubo arrivò in edicola lo snobbai perché credevo, erroneamente, che non valesse la pena. I soldi erano risicati e si dovevano fare continuamente delle scelte sacrificando alcune cose. Il fatto che a naso Dylan non mi ispirasse, mi fece propendere per dirigere le mie spese verso altro. Recuperato in fretta e furia l'anno seguente la sua prima uscita, da allora, fino a qualche anno fa, sono stato un suo fedele lettore. Per quanto possa sembrare stupido (o patetico) Dylan mi ha aiutato a barcamenarmi in un'annata particolarmente difficile e pesante degli anni 90. Per non pensare, tutti i pomeriggi mi tuffavo nella lettura dei suoi albi e per qualche ora le cose andavano meglio.
Anche i Programmi Tv hanno avuto un ruolo importante. Non erano tutte rose ma la quantità d'immondizia trasmessa era nettamente inferiore a quella odierna. Il modo di fare televisione era molto diverso, i toni erano pacati, quasi delicati e le caciare erano ancora lontane.
Mister Fantasy è stato una vera e propria rivoluzione.
Mister Fantasy è stato una vera e propria rivoluzione.
Andava in onda in seconda serata su Rai Uno. Iniziava verso la fine della scuola (maggio, credo) e proseguiva fino a luglio. Le prime puntate non potevo vederle perché dovevo andare a dormire presto, con la scuola non si scherza, ma quando c'erano le vacanze, dopo aver scorrazzato in cortile fino alle undici, mi sedevo eccitatissimo con l'immancabile ghiacciolo a guardare quel signore vestito di bianco in uno studio completamente bianco che parlava di musica. Non capivo tutto quello che diceva ma aveva un modo di fare che mi ammaliava e mi teneva inchiodato allo schermo. Soprattutto adoravo i video musicali che guardavo letteralmente a bocca aperta. Prima di Carlo Massarini e Mister Fantasy non si era mai vista la musica in tv in quella maniera.
Ce n'era molta di musica in tv e D.O.C.: Musica e Altro a Denominazione d'Origine Controllata è stata una vera e propria pietra miliare in materia. Blues, Soul, Jazz e Rock suonati dal vivo e trasmessi in fascia pomeridiana sul secondo canale della rete nazionale. Succedesse oggi sarebbe definito come esperimento coraggioso e seguito da quattro mosche. Non durerebbe una settimana. All'epoca era la normalità. Un programma che mi ha fatto conoscere artisti che non avrei ascoltato di mia sponte e se non fosse stato per Renzo Arbore e Gegé Telesforo i miei orizzonti musicali sarebbero ancora molto limitati.
E poi Indietro Tutta. Una forma di comicità ormai lontana che forse oggi i giovani farebbero fatica ad apprezzare. Il gusto per l'improvvisazione, il nonsense e il calembour della ditta Arbore e Soci, raggiunse un livello che a mio avviso nessuno è ancora riuscito a eguagliare. Visto insieme agli amici (organizzavamo serate apposite) era divertimento allo stato puro.
Fuori classifica: Giochi Senza Frontiere. Ha segnato i primi anni e gli ultimi della decade. Trasmesso durante il periodo estivo, riusciva nella non facile impresa di svuotare le strade, roba da finale dei mondiali di calcio. Noi ragazzini aspettavamo con ansia il mercoledì sera (se non ricordo male) per vedere i giochi per i quali rinunciavamo perfino a scendere in cortile.
Ce n'era molta di musica in tv e D.O.C.: Musica e Altro a Denominazione d'Origine Controllata è stata una vera e propria pietra miliare in materia. Blues, Soul, Jazz e Rock suonati dal vivo e trasmessi in fascia pomeridiana sul secondo canale della rete nazionale. Succedesse oggi sarebbe definito come esperimento coraggioso e seguito da quattro mosche. Non durerebbe una settimana. All'epoca era la normalità. Un programma che mi ha fatto conoscere artisti che non avrei ascoltato di mia sponte e se non fosse stato per Renzo Arbore e Gegé Telesforo i miei orizzonti musicali sarebbero ancora molto limitati.
E poi Indietro Tutta. Una forma di comicità ormai lontana che forse oggi i giovani farebbero fatica ad apprezzare. Il gusto per l'improvvisazione, il nonsense e il calembour della ditta Arbore e Soci, raggiunse un livello che a mio avviso nessuno è ancora riuscito a eguagliare. Visto insieme agli amici (organizzavamo serate apposite) era divertimento allo stato puro.
Fuori classifica: Giochi Senza Frontiere. Ha segnato i primi anni e gli ultimi della decade. Trasmesso durante il periodo estivo, riusciva nella non facile impresa di svuotare le strade, roba da finale dei mondiali di calcio. Noi ragazzini aspettavamo con ansia il mercoledì sera (se non ricordo male) per vedere i giochi per i quali rinunciavamo perfino a scendere in cortile.
Non ci eravamo ancora ripresi dallo stordimento e dalla meraviglia di Goldrake che dal Giappone arrivò una vera e propria invasione di Cartoni Animati. Inutile elencarli tutti, ma tra i tanti metterei al primo posto, senza dubbio alcuno: Gigi La Trottola. L'ho adorato così tanto da recuperare (svenandomi) la serie completa del manga. Dopo l'indigestione di robottoni, iniziata alla fine degli anni 70, approda anche in Italia una serie di anime dal contenuto surreale e a tratti demenziale. Dasshu Kappei è uno di questi. Italianizzato in Gigi La Trottola, il nanerottolo che eccelle in qualsiasi sport, è stato uno dei miei cartoni animati preferiti. In primis perché non era particolarmente serioso e trattava lo sport non come una questione di vita o di morte diluendo ogni incontro o partita in puntate che duravano una settimana, ma era cazzeggio allo stato puro, mero pretesto per baccagliare le ragazze. E poi perché mi faceva ridere a manetta.
Altro anime demenziale che ho amato è stato Pollon. Sono Apollo e Mi Trastullo Vado a Zonzo e Faccio il Bullo. Come poter resistere a una cosa simile? Ci fossero stati i cellulari avrei sicuramente messo la canzoncina cantata dal dio Apollo come suoneria. Gli dei della mitologia greca dipinti alla stregua di esseri bislacchi e completamente fuori di testa. Impossibile non amarlo.
Altro anime demenziale che ho amato è stato Pollon. Sono Apollo e Mi Trastullo Vado a Zonzo e Faccio il Bullo. Come poter resistere a una cosa simile? Ci fossero stati i cellulari avrei sicuramente messo la canzoncina cantata dal dio Apollo come suoneria. Gli dei della mitologia greca dipinti alla stregua di esseri bislacchi e completamente fuori di testa. Impossibile non amarlo.
Poi è arrivato lui: Ken il Guerriero. Un cartone animato con teste e corpi che esplodono trasmesso all'ora di merenda. Serve altro?
Il primo incontro con un Film horror è stato con The Fog. Supplicai i miei genitori di poter vedere per la prima volta un film di paura. Lo facemmo insieme ed io riuscii ad arrivare fino alla scena della macchina (quando la protagonista è circondata dai morti viventi). Non riuscii ad andare oltre e naturalmente quella notte non dormii. Le notti successive furono anch'esse travagliate, popolate da veglie inquiete e incubi. Nonostante questo, il fascino della paura era più forte e qualche tempo dopo, non solo riuscii a finirlo, ma mi tuffai a bomba nell'orrore. E mastro Carpenter è sempre rimasto nel cuore.
I film con Bud Spencer e Terence Hill sono stati una vera e propria istituzione e hanno forgiato l'infanzia e l'adolescenza di chissà quante persone. Compresa la mia. Se da mia madre ereditai la passione per la musica, da mio padre presi quella per il cinema. Clint Eastwood, Yul Brinner, Charlton Heston, Steve McQueen e Charles Bronson erano i suoi eroi e ben presto divennero i miei. Ho perso il conto di quante volte abbiamo visto insieme la Trilogia del Dollaro di Sergio Leone recitando a memoria interi dialoghi. Per non parlare dell'ispettore Callaghan e del Giustiziere della Notte. E poi c'era John Wayne che negli occhi di una ragazzino incarnava il cowboy perfetto, integerrimo, senza macchia e paura. Non solo azione ma anche le commedie, quelle con Jerry Lewis e Luis de Funès e i nostrani Bud Spencer e Terence Hill. Proprio questi ultimi sono quelli che porto dentro con più affetto perché hanno segnato una tappa importante nella mia vita di bambino: andare al cinema con papà. Quando usciva un film con Bud, la domenica pomeriggio, il primo spettacolo era d'obbligo e quasi sempre ci si fermava anche per il secondo perché mica eri obbligato ad uscire alla fine del film e potevi vederlo anche due o tre volte. Il bello è che alla seconda visione si rideva come alla prima. Tra i ricordi più belli della mia infanzia.
I film con Bud Spencer e Terence Hill sono stati una vera e propria istituzione e hanno forgiato l'infanzia e l'adolescenza di chissà quante persone. Compresa la mia. Se da mia madre ereditai la passione per la musica, da mio padre presi quella per il cinema. Clint Eastwood, Yul Brinner, Charlton Heston, Steve McQueen e Charles Bronson erano i suoi eroi e ben presto divennero i miei. Ho perso il conto di quante volte abbiamo visto insieme la Trilogia del Dollaro di Sergio Leone recitando a memoria interi dialoghi. Per non parlare dell'ispettore Callaghan e del Giustiziere della Notte. E poi c'era John Wayne che negli occhi di una ragazzino incarnava il cowboy perfetto, integerrimo, senza macchia e paura. Non solo azione ma anche le commedie, quelle con Jerry Lewis e Luis de Funès e i nostrani Bud Spencer e Terence Hill. Proprio questi ultimi sono quelli che porto dentro con più affetto perché hanno segnato una tappa importante nella mia vita di bambino: andare al cinema con papà. Quando usciva un film con Bud, la domenica pomeriggio, il primo spettacolo era d'obbligo e quasi sempre ci si fermava anche per il secondo perché mica eri obbligato ad uscire alla fine del film e potevi vederlo anche due o tre volte. Il bello è che alla seconda visione si rideva come alla prima. Tra i ricordi più belli della mia infanzia.
Infine The Goonies. Far parte di una banda era una ficata. Ne fondammo una pure noi, la chiamammo La Banda dell'Aquila. Avevamo anche le magliette con tanto di logo: un'aquila stilizzata fatta con il pennarello. Il più bravo di noi a disegnare aveva fatto quello che poteva e anche se il risultato era molto lontano dal nostro obiettivo, più che un'aquila sembrava un pollo spennacchiato, ci sentivamo troppo cool! Cosa facevamo? Assolutamente nulla, ci limitavamo ad indossare con orgoglio le nostre magliette e ritrovarci sotto casa a giocare oppure, ficata massima, inforcare le bici e andare in campagna a esplorare posti che ancora non conoscevamo. Cose normalissime, che facevano tutti, ma farle sapendo di essere in una banda le rendeva più affascinanti e speciali. Per questo motivo, quando vidi per la prima volta i Goonies (e quando lessi Stand By Me di Stephen King), me ne innamorai all'istante. Il film di Richard Donner incarna alla perfezione il senso di amicizia e di appartenenza ad un gruppo insieme all'intramontabile fascino e meraviglia della scoperta.
Tra di essi Marcovaldo. Ovvero Le Stagioni In Città è stata una lettura fondamentale. I venti racconti di Italo Calvino che hanno come protagonista lo stralunato Marcovaldo sono stati la porta d'ingresso in quel meraviglioso universo che è la letteratura. E' stato il libro che mi ha fatto capire che leggere non era solo un obbligo scolastico ma poteva essere anche un piacere. Calvino mi ha permesso di entrare in un mondo che a distanza di oltre trent'anni continua ancora a stupirmi. Per la cronaca, il mio preferito tra i racconti è Luna e Gnac.
Il fascino della paura non ha contaminato solo i miei gusti cinematografici ma anche quelli letterari. Se con Carpenter avevo imparato ad amare le immagini (e i suoni) con H.P.Lovecraft imparai ad amare le parole grazie a una pionieristica antologia dei suoi racconti curata da Carlo Fruttero e Franco Lucentini: I Mostri all'Angolo della Strada. Oltre al titolo, non avevo potuto rimanere indifferente di fronte alla stupenda e inquietante copertina di Karel Thole e presi in prestito il prezioso tomo dalla biblioteca civica che già all'epoca era discretamente fornita di opere di Poe e King.
Ricordo ancora perfettamente la prima lettura. D'inverno mi piaceva leggere sdraiato sul letto e quando lo studio lo permetteva, trascorrevo parecchie ore sotto la coperta di lana ricamata da mia nonna (altro carissimo ricordo di quegli anni) a leggere. Fu durante uno di quei pomeriggi che lessi per la prima volta la roba di paura di Lovecraft. E se già Dagon e Il Richiamo di Cthulhu mi avevano reso un po' inquieto, il Colore Venuto Dallo Spazio e soprattutto L'Orrore Di Dunwich mi provocarono non pochi brividi. Tanto da interrompere la lettura perché si stava avvicinando l'imbrunire e non avevo molta voglia di stare da solo nella mia camera in compagnia delle tenebre e di chi le abita. Divorai quel libro. Ma solo alla luce del sole.
Nel 1988, a quasi un anno dalla sua uscita in Italia, lessi It di Stephen King. Era estate e mi prese talmente che la sua lettura divenne un piacevole lavoro. Mi alzavo, leggevo, pranzavo, leggevo, cenavo, uscivo (eh no! A sedici anni, in estate, la sera non si sta a casa a leggere), rientravo e leggevo ancora qualche pagina prima di dormire. Tanta fu l'esaltazione durante la lettura che il finale mi lasciò a dir poco perplesso se non deluso. Comunque non intaccò (forse poco) un'opera che per me è diventata un classico intramontabile e che ha fatto parte di un'estate, quella del 1988, tra le più belle della mia vita.
Il fascino della paura non ha contaminato solo i miei gusti cinematografici ma anche quelli letterari. Se con Carpenter avevo imparato ad amare le immagini (e i suoni) con H.P.Lovecraft imparai ad amare le parole grazie a una pionieristica antologia dei suoi racconti curata da Carlo Fruttero e Franco Lucentini: I Mostri all'Angolo della Strada. Oltre al titolo, non avevo potuto rimanere indifferente di fronte alla stupenda e inquietante copertina di Karel Thole e presi in prestito il prezioso tomo dalla biblioteca civica che già all'epoca era discretamente fornita di opere di Poe e King.
Ricordo ancora perfettamente la prima lettura. D'inverno mi piaceva leggere sdraiato sul letto e quando lo studio lo permetteva, trascorrevo parecchie ore sotto la coperta di lana ricamata da mia nonna (altro carissimo ricordo di quegli anni) a leggere. Fu durante uno di quei pomeriggi che lessi per la prima volta la roba di paura di Lovecraft. E se già Dagon e Il Richiamo di Cthulhu mi avevano reso un po' inquieto, il Colore Venuto Dallo Spazio e soprattutto L'Orrore Di Dunwich mi provocarono non pochi brividi. Tanto da interrompere la lettura perché si stava avvicinando l'imbrunire e non avevo molta voglia di stare da solo nella mia camera in compagnia delle tenebre e di chi le abita. Divorai quel libro. Ma solo alla luce del sole.
Nel 1988, a quasi un anno dalla sua uscita in Italia, lessi It di Stephen King. Era estate e mi prese talmente che la sua lettura divenne un piacevole lavoro. Mi alzavo, leggevo, pranzavo, leggevo, cenavo, uscivo (eh no! A sedici anni, in estate, la sera non si sta a casa a leggere), rientravo e leggevo ancora qualche pagina prima di dormire. Tanta fu l'esaltazione durante la lettura che il finale mi lasciò a dir poco perplesso se non deluso. Comunque non intaccò (forse poco) un'opera che per me è diventata un classico intramontabile e che ha fatto parte di un'estate, quella del 1988, tra le più belle della mia vita.
Il Gioco è sempre stato importante. Lo è ancora adesso anche se, a detta dei soliti esperti, per certe cose non ho più l'età. Quando ce l'avevo, Nascondino era il mio gioco preferito. Fin da piccolino ha esercitato su di me il suo fascino che si è protratto fino all'età adulta: avevamo quasi diciotto anni e ci giocavamo ancora, la sera, perché col buio era più fico.
Poi c'è stato l'Hockey. Ad un mio amico regalarono un set completo: mazze rosse e blu, palline di spugna e due porte in legno della lunghezza di un metro con tanto di rete. D'estate le piazzavamo in cortile e ci scassavamo di partite per tutto il giorno.
Quando pioveva o faceva freddo, oppure si era solo stanchi e non si aveva più voglia di sudare, era l'ora dei giochi in scatola. Non è che ne possedessimo molti, Indovina Chi, Monopoli, che non ho mai amato particolarmente e Risiko. Ho giocato così tanto a Risiko che ora ho come una crisi di rigetto. Non lo posso più vedere.
Quando pioveva o faceva freddo, oppure si era solo stanchi e non si aveva più voglia di sudare, era l'ora dei giochi in scatola. Non è che ne possedessimo molti, Indovina Chi, Monopoli, che non ho mai amato particolarmente e Risiko. Ho giocato così tanto a Risiko che ora ho come una crisi di rigetto. Non lo posso più vedere.
Ma quello che fece veramente il botto in quegli anni furono i Videogames.
Il Vectrex mi fu regalato il Natale di prima media, nella prima metà degli anni 80. Era una consolle a 8 bit che non si attaccava al televisore, perché era lei il televisore. Aveva incorporato un gioco tipo Asteroid e poi potevi comprare le cartucce con altri giochi. Fare il conto delle ore trascorse con l'adorato Vectrex è impossibile. Ce l'ho ancora, funzionante e nella sua scatola originale: una vera reliquia. Come ho ancora, sempre funzionante e nella sua scatolona rettangolare il mitico Commodore 64. Regalo per la Cresima, è stato l'oppio videoludico di una generazione. Le cassette (il floppy era troppo caro), comprate in edicola e le ore ed ore trascorse ad aspettare il caricamento di giochi che ancora oggi, a distanza siderale, hanno mantenuto inalterato il loro fascino: Zaxxon, Pitfall, Spy Vs Spy, The Way Of Exploding Fist, per citarne alcuni.
Poi c'erano i giochi del bar, quelli che avevano una grafica spettacolare e ti facevano scialacquare i risparmi destinati all'università. Se non mi sono laureato la colpa è esclusivamente di Ghosts'n'Goblin. Non voglio pensare a quanti 200 lire ho lasciato in quella dannata macchinetta e senza riuscire a finirlo. Ma qualcuno c'è riuscito?
Poi c'erano i giochi del bar, quelli che avevano una grafica spettacolare e ti facevano scialacquare i risparmi destinati all'università. Se non mi sono laureato la colpa è esclusivamente di Ghosts'n'Goblin. Non voglio pensare a quanti 200 lire ho lasciato in quella dannata macchinetta e senza riuscire a finirlo. Ma qualcuno c'è riuscito?
Infine, la vita vissuta. La fine della scuola elementare e l'inizio di tre fantastici anni di scuola media, nei quali non è che pensassi poi molto allo studio perché ero il classico va bene ma potrebbe fare molto di più. Fu proprio durante questi anni che arrivò inaspettato il primo bacio. Un episodio rocambolesco, degno di una slapstick comedy, che mi vide vittima di una ragazzina molto intraprendente, durante un intervallo movimentato, in cui stava succedendo di tutto. Rimasi letteralmente senza fiato e scoprii che, tutto sommato, baciarsi non era affatto male. Fino ad allora l'altro sesso era roba aliena e da tenere possibilmente a distanza. Sempre alle medie arrivò anche il primo amore, quello che non ti fa dormire, che ti fa nascere le farfalle nello stomaco. La dura prova di coraggio nel dichiararsi (con un bigliettino, naturalmente) e la gioia quando leggi la risposta affermativa (con un bigliettino, naturalmente) E poi il primo appuntamento che mandi clamorosamente a monte perché devi passare a chiamarla a casa, e a casa ci sono i suoi genitori e tu ne sei terrorizzato.
Poi c'è l'incontro con la realtà, la cronaca. Quella cruda, dura e che non guarda in faccia nessuno e se lo fa è solo per prenderti a sberle. La mia generazione è cresciuta ancora con l'incubo della guerra nucleare. La guerra fredda aveva raggiunto il suo apice e i tempi del disgelo erano ancora lontani. Nella fantasia di un ragazzino le parole termonucleare e atomico creavano un'inquietudine che raggiunse un livello prossimo alla paura dopo quello che accadde il 26 aprile del 1986 a Černobyl. Scoprimmo dell'incidente alla centrale nucleare qualche giorno dopo. Ricordo che eravamo a scuola e le lezioni furono interrotte per qualche minuto. E ricordo che nonostante le parole rassicuranti dei professori, a sentire la frase è esploso un reattore nucleare in Russia, quasi mi cacai sotto. E anche i miei compagni non furono da meno, perché l'intera classe si chiuse in un silenzio anomalo e negli occhi dei miei compagni, dai volti stranamente pallidi, c'era la mia stessa espressione di preoccupazione e paura. Il fatto che le autorità avessero vietato il consumo di latte e verdure fresche non fece che accrescere la nostra ansia. Fu la prima volta che un evento di cronaca irruppe nelle nostre vite fino ad allora immacolate.
Gli anni della scuola superiore sono stati incredibili. Fantastici. Le prime vacanze da solo, le ragazze, gli amici, le prime sigarette e le prime birre, fumate e bevute di nascosto. Ricordi allegri, dolci e ancora vivi nonostante sia trascorso troppo tempo.
Quando avevo 17 anni, nell'aprile del 1989 scoppiò a Pechino la protesta di Piazza Tienanmen. Eravamo studenti adolescenti in piena fase di ribellione verso tutto e tutti, compresi noi stessi e vedere quella piazza colma di studenti e lavoratori che protestavano contro un regime duro e oppressivo ci gasava. Guardavamo all'oriente con un misto di curiosità e orgoglio per quella gente pacifica che chiedeva solamente di vivere meglio. E nel nostro miscuglio di emozioni non ben definite, ci furono anche rabbia e lacrime per la dura repressione a cui furono sottoposti. Ma quando vedemmo le immagini del Rivoltoso Sconosciuto che, da solo e disarmato, riesce a fermare una colonna di tank, restammo tutti senza parole. Per qualche tempo, grazie a quelle immagini e a una foto ormai diventata storia, pensammo che il mondo sarebbe diventato un posto migliore.
Eravamo giovani e ingenui.
Questo post è bellissimo! Sei riuscito a scrivere un vero e proprio racconto sulle tue gesta anni '80 *_*
RispondiEliminaPare di vederti, pieno di entusiasmo e curiosità, aggirarti tra i fatti del mondo e della quotidianità alla ricerca della Bellezza!
Sarà che siamo quasi coetanei (preciso che sei più vecchio ^_^), ma insomma tanta emozione in questo post! :D
P.S.1 & N.B.: Porca miseria se sei bravo! *_*
P.S.2: Per non cadere nella commozione e nella melassa, allego link speciale all'amatissima Pollon (che io non ho citato, ma adoro tutt'oggi!)
https://www.youtube.com/watch?v=Lp1bworDRXY
Una ventata di scorrettezza d'altri tempi! ^_^
Stavo per dimenticare (vedi la commozione...): contentissima che tu abbia accettato di partecipare, ma proprio tanto! Valga per future evocazioni :D
Glò, mi hai lasciato senza parole. Ti ringrazio di cuore, così mi metti in imbarazzo. :-)
EliminaLa mitica polverina di Pollon! La ricordo bene e all'eopca eravamo talmente ingenui che mica c'era venuto in mente che si trattava di una mera apologia al consumo di cocaina! :-)
Sai che Komplotto sarebbe venuto fuori.
Mi piacciono i meme, evocatemi pure e senza ritegno alcuno.
Grazie ancora!!!
Sono nata per mettere in imbarazzo, si dice XD
EliminaRi-bravo!!! *_*
Ri-grazie!
EliminaEvvaiiii! Quanto mi è piaciuto!
RispondiEliminaAnche se non ti perdono di essere così giovane ahhahahahahaahah Va beh, dai... chiamatemi nonna Patricia ahahahahahha
Bacio!
Grazie Patricia! Ma non stiamo a guardare queste cose che sono dettagli! :-)
EliminaTanti punti in comune, ma d'altronde gli anni '80 erano quelli. :-)
RispondiEliminaSì erano quelli, ma la scelta era molto ampia. Forse sbaglio ma nelle decadi a partire dai 60 e fino ai 90 compresi, sembra che si avesse l'opportunità di attingere a molte più cose rispetto al nuovo secolo. Nonostante la rivoluzione internet che ha permesso di accedere a quasi tutto in tempo reale, mi pare che l'offerta, soprattutto nel mondo dell'arte, si sia livellata un po'. O sbaglio?
EliminaBel post! Abbiamo però in comune solo Lovecraft e King, che pure io ho divorato negli anni '80 (anche se un libro di King, Shining, lo avevo letto nel '79).
RispondiEliminaPer motivi di spazio ho dovuto tralasciare molte cose (Bowie, gli U2, Zucchero con Blues che ho consumato), ma avere King e Lovecraft in comune mi sembra una buona cosa :-)
EliminaGrazie di cuore! Allora capirai bene che cosa possa aver provato uno sbarbatello quando ha ascoltato Somewhere per la prima volta. ;-) Carpenter non si tocca, ma in quegli anni ci sono stati un sacco di registi e film che anche se magari non hanno riscosso il meritato successo hanno proposto qualcosa di mai visto prima. Stuart Gordon, DePalma, Argento, Cronemberg e poi tutti i boogeyman nati in quegli anni, dove li mettiamo? La bellezza di quell'epoca sta anche in questo.
RispondiEliminaEccomi qui, Diego. Ho letto diversi giorni fa ma riesco a commentare solo ora (sì, mi ero preso una sorta di vacanza, e lo farò bene o male in ogni weekend estivo :p)
RispondiEliminaHai elencato così tante cose che è difficile discuterle tutte!!Una mega enciclopedia e perdipiù tanto lo condividiamo: hai sicuramente qualche anno di più di me ma molte cose le abbiamo in comune, sia esperienze che prodotti pop :)
Moz-
@MikiMoz: indubbiamente hanno lasciato il segno. Alcune cose erano così "forti" che hanno toccato e lasciato il segno su persone anagraficamente anche molto distanti. Un'altra tacca a loro favore.
RispondiEliminaFai un po' di bisboccia anche per me. ;-)
Eh, un po' l'estate vorrei godermela, quest'anno :)
EliminaMoz-
Ciao Diego,
RispondiEliminaè stato un piacere nominarti, ma lo è ancor di più leggere questo post: ti sei assicurato le prossime nomine a tutti i meme futuri :D
Non voglio rovinare il bellissimo romanticismo che permea quello che hai scritto, quindi cercherò di essere all'altezza.
Iron Maiden hanno rappresentato la svolta anche per me verso le sonorità più metalliche che ancora oggi preferisco.
Li ho conosciuti molto tardi, come tutto il metal, grazie a un caro amico il primo anno di università, parliamo del '95, ho dovuto recuperare in fretta :D
Non digerivo tutto nel nuovo panorama musicale che mi stava aprendo un mondo, ma i Maiden sono stati la scintilla.
Quella musica ben suonata affiancata a testi di un livello mai sentito prima, la letteratura e la storia che si fondono con le note... beh, sai di cosa parlo :D
I capelli lunghi già li avevo e non ho cambiato il look, ero e rimango abbastanza distante dalle "mode".
Il primo album dei Maiden che ho comprato è stato proprio quello da te citato, seguito da Powerslave e poi da tutti gli altri XD
Successivamente ho leggermente virato verso il progressive, ma tutto il progressive: Yes, ELP, Uriah Heep, Marillion, ovviamente anche i da te citati BOC, tutti i grandi nostrani, per poi esplorare il prog metal fino ad arrivare a trovare la pace dei sensi con i Dream Theater.
(ovviamente per esigenze di spazio ho saltato a piè pari una marea di altri nomi, ma potremmo non finire mai :D)
Sturmtruppen: cosa sei andato a pescare! Non ho memoria del dove, ma ricordo che trovavo solo poche strisce, ma all'epoca ero troppo "inesperto" per andare alla ricerca di altro.
Fuori classifica: Giochi Senza Frontiere: era un appuntamento fisso anche per me!
Per quanto riguarda i cartoni animati, non posso che concordare con te, ma sono di parte in maniera assurda essendone appassionato ancora oggi :D
(la trasformazione di Gigi in stile robottone te la ricordi? XD)
Sui film devo dire che ho recuperato in età successiva in maniera consapevole i grandi nomi (stranamente anche i Goonies li ho apprezzati un po' dopo), ma l'accoppiata Bud&Terence rimane un'istituzione.
Analogo discorso per quanto riguarda i libri, differente invece per i giochi, categoria dove siamo parecchio in sintonia, o lo siamo stati, visto il quid del post :D
Strano ma vero, quei soli 5 anni che ci separano fanno la differenza su come sono state vissute alcune cose, con meno consapevolezza da parte mia, senza dubbio.
Tu però hai saputo cogliere ed esprimere quelle sensazioni che ho vissuto qualche anno più tardi confrontandomi con la realtà passata, in un'età sicuramente più "matura".
Potrebbe non sembrare, ma non ho parole per esprimere le sensazioni provate leggendo questo tuo resoconto di quegli anni, mi limito ad un banalissimo "complimenti", davvero tutto molto bello.