Una Questione di Principio.

Quando uscì Whatsapp tutti furono felici di avere un'applicazione di messaggistica che sostituisse gli sms.
Lo furono un po' meno quando scoprirono che bisognasse pagare.
E pensare che c'era scritto a caratteri cubitali: dopo il primo anno di utilizzo, gli utenti avrebbero dovuto pagare un canone annuo.
La mostruosa cifra di 99 centesimi.
All'anno.
Per comunicare illimitatamente con tutti.
99 centesimi.
Apriti cielo.
Ci fu quasi una rivolta popolare.
E' una questione di principio. Dicevano.
Quale principio? Chiedevo.
Non puoi far scaricare gratis un'app e poi dopo un anno metterla a pagamento.
Perché no? Si chiama periodo di prova. Lo provi e se ti piace lo compri. E poi quale sarebbe questo principio?
Nessuna risposta.
Lo dico io qual è il principio.
E' il principio dell'avere tutto gratis. Di non voler spendere nulla.
Il principio dell'avidità. Tutto, subito ea scrocco.

Abbiamo iniziato con la musica.
Perché pagarla?
All'inizio la scaricavamo con i vari tool peer to peer, adesso non ce n'è più bisogno perché, essendo sempre connessi, la si può trovare facilmente su Youtube o Spotify.
Ma siamo così avidi che nemmeno la versione gratuita di Spotify ci va bene, perché quei pochi secondi di pubblicità sono dannatamente fastidiosi. E allora vai con le app tarocche che maramaldeggiano gli account premium.
Quando viene dato un giro di vite e finalmente le app pirata vengono bloccate, invece di dire beh ci ho provato ma è andata male, m'incazzo e protesto.
Vogliamo la musica gratis. Perché la musica dev'essere gratis.
E badate bene che non si tratta di un frutto (amaro) di questi tempi. Negli anni 70 con la scusa di riprendersi la musica, rea di essere diventata serva del capitale e dell'oligarchia discografica, si pretendeva di entrare ai concerti senza pagare. Ci si presentava senza biglietto e si tentava di entrare. Lascio a voi immaginare il resto. L'unico risultato fu, che a causa degli inevitabili tafferugli, delle contestazioni anche violente agli stessi artisti e di un clima sociale non proprio idilliaco, il nostro paese, per tutta la seconda metà di quegli anni, fu tagliato fuori dai tour dei più importanti gruppi stranieri.
Bel risultato.

Vogliamo parlare dei libri?
Scarichiamo pure quelli dai siti pirata. E se un autore che si autoproduce ci chiede un euro per un suo racconto, pensiamo che ci stia prendendo per il culo.
Senza pensare che quello è il frutto del suo lavoro. Gli è costato tempo e fatica. Magari ha pagato un grafico per la copertina e un editor: perché ha voluto che il suo prodotto fosse un prodotto professionale.
Ma che vuole da noi? Se vuole guadagnare dei soldi che vada a lavorare.

Vai a lavorare, barbone!
Questo è un retaggio (medioevale) tipicamente italico.
L'arte, nel nostro paese, è da sempre considerata roba per sfaccendati. Non puoi scrivere, dipingere o suonare per vivere. Al di là delle difficoltà oggettive di riuscire a pagare le bollette facendo arte, questo non è considerato un lavoro. All'italico medio, se dici che scrivi o suoni, lui ti chiederà sì ma che lavoro fai? Nella sua mente, tra una tetta e un pallone, il concetto che uno possa guadagnare con l'arte non passa.
Abbiamo ancora (nemmeno tanto) latente la concezione che il lavoro debba essere per forza fatica fisica e non il frutto dell'intelletto. Come se questo non contemplasse la fatica.
Stiamo solo ora arrivando a capire che la stanchezza non è solo fisica ma anche mentale.
Come fai ad essere stanco, se stai seduto tutto il giorno?
Me lo sono sentito dire più di una volta.
Quindi non dovete stupirvi se qualcuno vi apostroferà in questo modo dopo che avete disegnato per dodici ore. Ma non perché avete progettato un condominio, ma perché fate fumetti.
L'architetto è un lavoro serio, non il fumettista.
Non stupiamoci se poi proliferano i lavori svolti in cambio esclusivamente di visibilità. Stupido chi ci casca, e (un po') in malafede chi li propone. Non giustifico chi lo fa ma se non ci sono soldi perché la gente, specialmente online, non vuole cacciare nemmeno uno spicciolo per leggere una rivista, non dico che si abbiano le mani legate, ma quasi. Nei pochi casi in cui esiste un compenso, si tratta di roba da fame. Provate voi a fare il cronista a 10 euro ad articolo. Non ci paghi nemmeno le spese.

La Cultura dev'essere a portata di tutti e come tale dev'essere gratuita è una della più grandi scemenze che mi sia capitato di sentire. Il fatto che ci debba essere un calmiere dei prezzi non è in discussione ma se si vuole un servizio professionale pagare è giusto. Paghiamo 10 euro per andare al cinema a vedere dei film di merda e poi ci lamentiamo se al Museo Egizio di Torino ci chiedono 15  euro. Da quanto mi è dato sapere, la cultura è già a portata di tutti. Ma siamo poi così sicuri che a tutti interessi la cultura?

Sono atteggiamenti tipici del nostro essere. L'arte del lamento è una delle nostre eccellenze, ma quando siamo chiamati in causa per cercare di essere (pro)attivi, allora ci tiriamo indietro accampando le scuse più fantasiose.
Sempre pronti a puntare il dito sul disonesto ma quando abbiamo l'occasione, un'amnesia temporanea ci fa dimenticare il nostro essere onesti e puri di cuore. Ma che vuoi che sia, per così poco: un disco, un libro. C'è gente che ruba milioni e stai a fare le pulci a me, che scarico illegalmente e rivendico pure il diritto a farlo?
Sai che dico? Hai ragione. Allora sai che faccio? Domattina vado dal panettiere, prendo il pane e non lo pago. Il pane è un diritto, tutti devono poter mangiare.
Come? Dici che non è la stessa cosa?

Non sarà la stessa cosa, ma il principio è identico.

Se non partiamo anche da ciò che erroneamente consideriamo ininfluente, come ad esempio il download illegale, allora smettiamola con il solito mantra del paese di ladri e disonesti. Almeno lasciamo da parte l'ipocrisia.
L'onestà parte anche dalle piccole cose che poi piccole non sono.
E' una questione di principio.

Commenti

  1. Arrabbiato Diego, oggi eh... con ragione anche. Purtroppo però in noi è innato quel dover essere riveriti a tutti i costi, serviti e leccati a tutti i costi.
    La domanda giusta comunque l'hai posta tu. Sicuri che a tutti interessi l'arte?
    Io ti risponderei che a molti interessa quella "calcistica" non andare a vedere un vecchio papiro o una mummia.

    Parlando del lavoro artistico, che sia disegnare fumetti o scrivere poesie o romanzi o saggi è omunque un lavoro che comporta impegno concentrazione. Mangia temo e risorse.
    Fa sudare, sì. Fa sudare la fronte. Scoppiare la testa per chi veramente lo fa di professione e vuol farlo come si deve.

    Un piccolissimo aneddoto. Sai che ho un blog ma che non sono nè considero scrittrice o poetessa. Bene. Una volta mi hanno chiesto "ma quando trovi il tempo per scrivere là sopra?"
    Alla mia risposta con la facia più scema che ho trovato in me mentre giro il minestrone, mi hanno creduto. Hanno scrollato la testa con un ah poco convinto e se ne sono andati.
    Ma vaff..................

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    1. Più che arrabbiatura, esasperazione da Social. Non sopporto più questo atteggiamento del non voler pagare più niente. Spendi 800 euro in un telefono poi fai le pulci alle app che costano 99 centesimi? Mi manda ai matti 'sta cosa. Come sullo scrivere (ma vale anche sul comporre musica), perché farlo bene costa fatica. Un racconto o un romanzo, per essere fatto bene non deve solo puntare sull'idea. Lo sviluppo della trama, la caratterizzazione dei personaggi, i luoghi. Tutto deve incastrarsi alla perfezione ed è un lavoraccio. Per questo motivo un autore deve avvalersi di un editor. La gente confonde lo scrivere libri con il fare il temino a scuola. Idem per la musica, comporre, provare, trovare le parole e poi la copertina, la registrazione. Lavoraccio pure questo. E dovrebbero farlo gratis? Poi, logico che se un prodotto è scarso è giusto che non venda o abbia vita grama.
      Per il blog almeno a te chiedono qualcosa, a me si limitano a prendermi per i fondelli (alla tua età scrivi ancora il diarietto?), a ignorarlo (un blog? E che è?) oppure la cosa che mi manda più in bestia: beato te che hai il tempo di scrivere.
      All'inizio non rispondevo, ora invece sì. E la risposta è questa: non ho molto tempo libero, ma devo trovarlo perché me l'ha consigliato il mio analista, altrimenti sarei già in galera per aver strozzato qualcuno.
      Il bello è che ci credono.

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  2. Sono d'accordo, l'arte va pagata.
    Certo, ci sarebbero dei casi dove incentiverei molto, magari con manovre di Governo. Ad esempio: musei gratuiti, visite gratuite. O prezzi comunque ridotti, simbolici.
    Darei anche dei soldi per la cultura, come ha fatto Renzi, ma non solo ai 18enni.
    Per acquistare film, libri, fumetti, ingressi al cinema e visite d'arte.
    Su Whatsapp... mi ero dimenticato di quando si pagava!! Io nemmeno riuscivo a pagare perché avrei dovuto farlo tramite paypal, ricordo... Così aspettato 3-4 giorni senza servizio e me lo rinnovavano automaticamente per un altro mese. Mah.

    Moz-

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    1. L'incentivo è una buona cosa, ma non possiamo basarci solo su quello. Dobbiamo anche cambiare la nostra mentalità. Non possiamo sempre pretendere che la cultura sia sempre gratis o a prezzo ridotto. Che poi, ad essere onesti, non è tutto 'sto spendere. Tenendo l'esempio del Museo Egizio di Torino, i ragazzi fino a 15 anni pagano 1 euro. Gli adulti 15 Euro. Poco più di un cinepanettone! :-)

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  3. Il problema ha radici profonde, non so se ti ricordi di un ex ministro della Repubblica che sostenne che "Con la cultura non si mangia! ". Penso che per decenni ci hanno abituato a credere che il lavoro sia solo fisico.
    Aggiungi il fatto che noi italiani siamo "furbi" per antonomasia-e ho scritto "furbi" in maniera ironica-e pensiamo sempre a come fregare i nostri concittadini.
    P.s
    In fondo tu e Pat siete più fortunati di me.
    A me è capitato in un paio di occasioni di ricevere mail da editori o curatori in cui mi si chiedeva di pubblicare mie interviste o articoli (con mesi di precedenza rispetto all'uscita sul blog) e mi si diceva sempre: "In cambio ti paghiamo dandoti visibilità!"
    Me lo spieghi tu cosa me ne faccio io della visibilità a quasi cinquant'anni?
    Pagarmi almeno un caffè, no eh?

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    1. E' paradossale ma si tratta di un problema culturale! :-) Si pensa da sempre che con la cultura non si mangi perché è sempre stata vista come il frutto dell'assistenzialismo statale. Fondi a pioggia elargiti senza criterio (o con dei criteri che non credo ci sia bisogno di spiegare) dallo Stato che, quando si è ritrovato con le pezze al culo, ha deciso di ridurre la sua attività da mecenate. Non si è mai pensato alla cultura anche come generatrice di guadagno. Pensa al cinema, quanti fondi statali buttati in pellicole orripilanti che hanno incassato pochi euro o addirittura non sono state distribuite? Mentre un sito come Cinecittà è stato lasciato morire poco alla volta.

      Per la visibilità anche io ho dato e non poco. Un po' per ingenuità, un po' perché chi mi ha convinto è stato molto persuasivo, mi sono fatto il culo per niente o per poche briciole.
      Purtroppo questa è una vera piaga che sta contaminando un po' tutti i settori lavorativi. Quanta gente lavora gratis o pagata una miseria solo per "fare esperienza" o nella speranza che un contratto da schiavo diventi un giorno qualcosa di più umano?

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  4. Argomento molto interessante. La musica si ruba da sempre, sin dai tempi delle prime musicassette. Quello che è cambiato con l’avvento di internet è il quantitativo impressionante di materiale a disposizione e la facilità di appropriarsene. “L’ occasione fa l’uomo ladro”...Onestamente devo dire che anche io nei tempi d’oro del peer to peer ci ho dato dentro con la ruberia digitale. Un po’ come facevano tutti, senza riflettere bene su quello che si faceva. Poi ci si trovava l’hard disc colmo di mp3 di scarsa qualità, dischi sbagliati o anche peggio. Ricordo che non riuscivo neanche ad ascoltarli tutti; si accumulava e basta. Col tempo sono riuscito a disintossicarmi. Ora usufruisco di musica gratis solo quando le band la mettono a disposizione intenzionalmente. In ogni caso quelle rare volte che mi capita di scaricare qualcosa, da qualche blog un po’ troppo generoso, se mi interessa veramente subito dopo acquisto il vinile o il cd.
    Il problema però sta nelle fondamenta della nostra cultura. In Italia la musica ha sempre avuto una posizione secondaria rispetto ad altre forme d’arte (o al calcio). Per quanto riguarda i libri penso sia un po’ diverso: chi è legato al cartaceo difficilmente si accontenterà di un file; chi invece (come me) si è convertito al digitale è facilitato dai prezzi bassi che rendono inutile il furto.
    Comunque in Italia si legge poco, si ascolta poca musica rispetto al resto d’Europa, e si tira avanti solo con tv e reality show. Addirittura tempo fa si pagava per poter suonare e si paga ancora per vedersi pubblicato un proprio libro. Non parliamo dello scrivere su un blog: siamo considerati poco più di barboni perditempo. In qualche caso può anche essere vero (vedi il mio esempio) ma spesso si trovano cose interessantissime se non addirittura eccezionali in giro per il web, anche nei tanto bistrattati blog.
    Siamo messi male.
    Saluti

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    1. Ma io sono un barbone perditempo!
      A parte gli scherzi, penso che siano ben pochi gli appassionati di musica che non abbiano scaricato qualche centinaio di dischi, all'epoca d'oro del peer to peer. Come dici tu, ci siamo riempiti gli hd di musica che non ascolteremo mai, per mera avidità. Ma non mi sento di fare mea culpa, perché nonostante ciò ho sempre continuato a comprarla, la musica. Se il disco mi piaceva, lo compravo e non mi accontentavo dell'mp3 a 120Kbps.
      Oggi uso Spotify e Bandcamp e se mi piace (ma mi deve piacere proprio tanto) allora acquisto.
      I libri taroccati per me non esistono, cartaceo o digitale compro sempre e comunque. Anche se certi ebook, specialmente quelli delle grandi CE hanno dei prezzi spoporzionati. Purtroppo nel nostro paese la lettura è considerata roba da sfigati e secchioni, è un imprinting duro a morire. Nonostante iva agevolata e promozioni varie l'italiano medio preferisce affossarsi davanti alla tv piuttosto di leggere un romanzo. Ma anche così la quantità di roba pubblicata è impressionante nonostante un mercato agonizzante e questo, sinceramente non me lo spiego.
      Sulla musica non so cosa pensare. Vedo i grandi concerti con i biglietti a prezzi da usura, sempre sold out. Forse quella dal vivo è la musica che ancora "tira" almeno per quanto riguarda i nomi famosi e le cover band (una piaga). Nella mia zona un tempo c'erano un sacco di concerti con gruppi locali oppure di deriva underground provenienti da tutta la penisola. Ora sono merce rarissima. Saranno anche i costi che devono sostenere gli organizzatori e i locali, o il progressivo disinteresse delle nuove generazioni. Forse quest'ultimo potrebbe essere una concausa. Quando ero adolescente il concerto, anche del gruppetto sfigato di quartiere, era un modo per incontrare gente, per socializzare, baccagliare e conoscere personalità affini. Adesso per questo c'è il web e gli adolescenti sono più su Instagram che sotto un palco.
      Ciao!

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  5. Il discorso è molto ampio, io per esempio preferisco il Copyleft al Copyright. La scadenza a 70 anni mi sembra sproporzionata ai nostri tempi, quindi ci vuole una buona riforma. Inoltre bisogna incentivare di più la cultura e nelle scuole farei usare software open source. Sicuramente preferisco buttare soldi in cultura e arte, che spenderli per uno smartphone da mille euro.
    Saluti a presto.

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    1. Sono d'accordo, soprattutto sullo spendere soldi in cultura. Un primo piccolo passo è stato fatto con il bonus elargito ai ragazzi dall'ultimo governo e che spaziava dai libri ai fumetti, concerti e cinema. Ma la strada è ancora lunga. Sul software open source ho alcune perplessità, non dal lato etico, ma da quello prettamente tecnico. Ricordo che sono stati fatti alcuni esperimenti in scuole e pubbliche amministrazioni per l'utilizzo di Open Office ma i grossi problemi di compatibilità con il mondo windows e apple li ha fatti tornare indietro.

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